Il team di MbS contro i dissidenti sauditi
L’omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi, il 2 ottobre scorso, è stato parte di una più vasta campagna del regno dell’Arabia saudita contro critici e dissidenti: lo scrive il New York Times, citando fonti statunitensi con accesso a rapporti segreti dell’intelligence di Riyadh. Almeno un anno prima, il principe ereditario Mohammed bin Salman avrebbe lanciato una campagna (battezzata Saudi Rapid Intervention Group) di sorveglianza, rapimento e tortura di dissidenti all’estero e in patria.

Sarebbero state almeno una decina le operazioni compiute dal 2017, con alcuni casi di rimpatri forzati. Un’altra tegola su MbS che anche in casa non starebbe passando un bel momento: in molti ne hanno notato l’assenza a importanti vertici ministeriali e diplomatici e la sua temporanea esclusione dalla gestione degli affari economici.

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Ciclone si abbatte sull’Africa del sud: oltre mille morti

Un bilancio devastante: sarebbero oltre mille i morti per il passaggio del ciclone tropicale Idai tra Mozambico, Zimbabwe e Malawi. Al momento le vittime accertate sono 157, ma il numero potrebbe aumentare come dichiarato ieri dal presidente mozambicano Filipe Nyusi: «Non ci stupiremmo se alla fine fossero più di mille».

A uccidere sono state le inondazioni provocate nel fine settimana dal ciclone. I danni più gravi, fanno sapere Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, nella città mozambicana di Beira: è andato distrutto il 90% della città, la rete elettrica e le strade. Colpito anche il Sudafrica, ma i danni registrati sono molto minori.

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Algeria, Bouteflika promette ma oggi nuove proteste

Le ultime mosse del governo algerino e del presidente Bouteflika non fermano le proteste: per oggi sono previste nuove manifestazioni, nel Giorno dell’Indipendenza. A indirle ieri sono stati i medici che hanno invitato gli studenti di medicina a unirsi a loro. Nelle stesse ore appariva sulla stampa una nuova lettera a firma del presidente: Bouteflika promette di modificare il sistema di governo e, per placare le manifestazioni, ha annunciato «a breve» una conferenza nazionale «inclusiva» che rivedrà la Costituzione, per poi sottoporla a referendum.

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Cina, libro bianco sullo Xinjiang

Messa alle strette da testimonianze e rilievi fotografici circa i campi di rieducazione nei quali sarebbero stati detenuti – nel tempo – quasi un milioni di uiguri, appartenenti all’etnia turcofona e musulmana, Pechino ha rilasciato un libro bianco sulla regione. Le autorità cinesi hanno reso noto di aver arrestato circa 13 mila «terroristi» a partire dal 2014 nella regione islamica dello Xinjiang cinese. È quanto emerso da un rapporto governativo sulla situazione nel territorio nord-occidentale della regione dello Xinjiang, teatro della stretta delle autorità cinesi sulla minoranza turcofona uigura.

Il lungo rapporto pubblicato oggi afferma che la «de-radicalizzazione basata sulla legge» nello Xinjiang ha frenato l’ascesa e la diffusione dell’estremismo religioso. La Cina descrive i campi come centri di formazione professionale e afferma che la partecipazione è volontaria. Ex prigionieri hanno dichiarato di essere stati detenuti in condizioni illegali, costretti a rinunciare all’Islam e giurare fedeltà al Partito comunista cinese. Il documento afferma che lo Xinjiang è stato a lungo parte del territorio cinese, ma che «le forze terroristiche ed estremiste» hanno fomentato le attività separatiste «falsificando» la storia della regione.