Zimbabwe, retata contro oppositori

C’è anche l’ex ministro delle Finanze Tendai Biti, di fatto il numero due dell’opposizione, tra i 9 funzionari dell’Mdc – il partito sconfitto nelle prime elezioni del dopo Mugabe e che denuncia brogli – verso i quali è stato spiccato ieri un mandato di cattura. I nove sono ricercati dalla polizia con l’accusa di aver incitato la folla ad Harare lo scorso 1 agosto alla protesta per i risultati del voto del 30 luglio in cui sono morte sei persone. Il giorno prima rilasciati su cauzione i 27 militanti dell’opposizione arrestati durante le manifestazioni di protesta. I militari avevano anche fatto irruzione nella sede dell’Mdc e sequestrato computer e documenti. Il vice presidente divenuto capo di Stato dopo la deposizione di Mugabe ad opera dei miltari, Emmerson Mnangagwa, che ora risulta eletto con il 50,8 dei voti evitando così il ballottaggio con lo sfidante dell’Mdc Nelson Chamisa, ha ribadito il rispetto della Costituzione e invitato l’opposizione ad accettare il verdetto delle urne.

Bahrein, leader in cella senza cure

A Hassan Mushaima, uno dei leader dell’opposizione alla monarchia assoluta del Bahrain, in carcere dal 2011, vengono negate in carcere cure mediche adeguate. Lo denuncia il figlio Ali, in sciopero della fame dal 1 agosto davanti all’ambasciata bahranita a Londra. A Mushaima, operato 10 anni fa per un tumore, non verrebbero assicurati controlli medici regolari, necessari anche alcune malattie croniche. Accuse simili sono rivolte alle autorità anche dalla famiglia di Nabil Rajab, attivista dei diritti umani ed uno degli esponenti più autorevoli della società civile bahranita. Le autorità negano di non tenere conto delle condizioni del detenuto ed accusano Mushaima di aver rifiutato alcuni dei controlli medici previsti in strutture ospedaliere. Il figlio ha spiegato che il padre preferisce non incontrare la sua famiglia piuttosto che essere portato all’ospedale ammanettato e con le catene ai piedi.

Costa d’Avorio, amnistia per 800 

In occasione del 58° anniversario dell’indipendenza, ieri, il presidente della Costa d’Avorio, Alassane Ouattara, ha concesso l’amnistia a 800 cittadini ivoriani tra cui l’ex first lady Simone Gbagbo, in prigione con una condanna a 20 anni per «attentato alla sicurezza dello Stato» in riferimento a responsabilità nella guerra civile costata 3 mila morti nel biennio 2010-2011. Ouattara non ha ancora esplicitato la volontà di ricandidarsi alle elezioni del 2020, ma ha ribadito la volontà a «lavorare per trasferire il potere nel 2020» a una nuova generazione.