La produzione di sale marino, il migliore ai fini alimentari, è la principale applicazione dell’energia solare; tutte le saline solari del mondo hanno una superficie di raccolta di questa fonte energetica rinnovabile di circa 2000 milioni di metri quadrati, oltre tre volte la superficie di tutti i pannelli solari termici e fotovoltaici e centrali a concentrazione in funzione nel mondo. il primo, più antico impiego industriale dell’energia del Sole al servizio degli esseri umani è stato proprio l’uso del suo calore per far evaporare l’acqua marina e recuperare il sale. L’energia solare messa ogni anno al lavoro per far evaporare l’acqua marina nelle saline del mondo ammonta all’equivalente energetico di decine di milioni di tonnellate di prodotti petroliferi. Le soluzioni saline concentrate possono anche essere utilizzate come collettori di energia solare capaci di sfruttare la differenza di temperatura che si verifica in una vasca esposta al Sole, proprio come una salina, per produrre energia elettrica. Gli stagni solari sono grandi vasche, profonde circa due metri: sul fondo, per uno spessore di una ventina di centimetri, viene posta una soluzione salina (usando il cloruro di sodio, o i sali di magnesio che sono i sottoprodotti delle saline solari). Sulla soluzione salina viene versata delicatamente, per evitare una brusca miscelazione con l’acqua sottostante, acqua dolce. Nello stagno così predisposto, la radiazione solare attraversa lo strato superficiale di acqua dolce, che è trasparente, scalda l’acqua salina del fondo della vasca e qui resta intrappolata proprio perché l’acqua salina calda del fondo non si miscela con quella dolce fredda sovrastante; con il calore così raccolto è possibile far funzionare una macchina capace di produrre elettricità. Gli stagni solari hanno attratto un enorme interesse in tutto il mondo: sono infatti i meno costosi collettori solari che si possano immaginare.

TOPONIMI. Salaria, Salina, Sale, Saline, eccetera sono i nomi di località e strade associate alla produzione e al commercio del sale. Plinio ricorda le saline di Taranto, di cui oggi resta traccia soltanto in un toponimo. E al sale era associato anche il nome di Salapia, Salpi, la misteriosa città proprio alle spalle della salina di Margherita di Savoia.

IL FASCINO DELLE SALINE. Benché note da tempi antichissimi, una salina solare ha del sorprendente per i suoi caratteri e per la sua tecnologia. Coloro che percorrono le strada che costeggiano le saline di Margherita di Savoia, Alghero e Trapani e Manfredonia sono testimoni di una avventura ecologica e geologica di straordinario interesse.

La materia prima per la produzione del sale per evaporazione solare è l’acqua di mare, una soluzione di cloruri e solfati di sodio, potassio, calcio e magnesio, eccetera (quasi tutti gli elementi della tabella di Mendeleev, uranio compreso), la cui concentrazione complessiva è del 3,5%, circa 35 chilogrammi per metro cubo. Il contenuto di cloruro di sodio è di circa 29 chilogrammi per metro cubo.

Una salina è costituita da varie vasche, comunicanti con il mare e fra loro, disposte con un leggero dislivello. Quando l’intensità della radiazione solare – la fonte di energia per l’evaporazione dell’acqua -diventa abbastanza elevata e le piogge si fanno più rare: l’acqua di mare viene fatta entrare nelle prime vasche evaporanti dove il calore solare comincia a far evaporare l’acqua e a far concentrare l’acqua del mare. Quando è evaporata circa la metà dello spessore originale di acqua, cominciano a separarsi i due sali più insolubili, il solfato e il carbonato di calcio, sotto forma di cristalli che si depositano sul fondo della vasche. L’acqua di mare, ora più concentrata, viene fatta passare nelle successive vasche evaporanti nelle quali la concentrazione salina aumenta fortemente fino a circa 200-250 chilogrammi di sali per metro cubo di soluzione.

A questo punto l’acqua di mare concentrata viene fatta passare nelle vasche salanti, la cui superficie è circa un decimo di quella delle vasche evaporanti, in cui evapora altra acqua e comincia la precipitazione del cloruro di sodio; quando è stata raggiunta la concentrazione critica per la separazione del sale, circa 20-25%, le vasche salanti diventano tutte rosse per la comparsa dell’alga Dunialella salina dotata di un pigmento di colore rosso intenso, che vive solo nelle soluzioni saline concentrate. È lei, con la sua suggestiva presenza, ad avvertire i lavoratori che il sale è pronto per essere raccolto, dopo di che le alghe muoiono e scompaiono.

Adesso comincia la delicata operazione dell’estrazione del sale dal fondo delle vasche; il sale deve essere raccolto quando i suoi cristalli hanno tutti la stessa dimensione di circa un centimetro, avendo cura di non sporcarlo con il fango che si trova sotto il sale. La raccolta del sale per secoli è stata un’operazione delicata e faticosa fatta a mano, fino a quando non sono state utilizzate delle macchine adatte.

Dopo la raccolta il cloruro di sodio viene sistemato in grandi mucchi bianchi, caratteristici del paesaggio delle saline. La soluzione che ancora impregna il sale, scorre verso il basso; le piogge che cadono sui mucchi asportano i sali più solubili e rimane così cloruro di sodio quasi puro, in piramidi di colore bianco, abbacinante.

L’ottenimento del sale nelle saline solari è l’unica operazione industriale che si svolge con cicli lenti come quelli dell’agricoltura. Tanto è vero che il sale non si produce, ma si raccoglie, e i ritmi di lavoro degli operai rassomigliano a quelli dei contadini, tutti e due attenti, sia pure per motivi diversi, agli eventi meteorologici. I contadini guardano il cielo aspettando la pioggia; i raccoglitori del sale guardano il cielo sperando nel bel tempo perché le piogge eccessive nel periodo della lavorazione diluiscono l’acqua di mare nelle vasche e dilavano il sale dai mucchi già formati.

La maniera in cui il sale viene raccolto ne influenza la qualità: ad esempio la presenza di sali di magnesio lo rende igroscopico, una caratteristica indesiderabile, tanto che il sale per l’alimentazione umana viene sottoposto ad un processo di lavaggio.

Da tutta l’operazione residua una soluzione concentrata, le acque madri, contenente disciolti tutti gli altri sali che sono rimasti dopo la separazione del cloruro sodico: cloruri, bromuri e solfati di potassio, magnesio, sodio e altri elementi. Le acque madri, per il loro elevato contenuto di sali, alcuni anche di valore terapeutico, vengono usate per bagni curativi.

La maggior parte delle acque madri vengono restituite al mare ed è un peccato perché una salina che produce oltre 500 mila tonnellate di sale all’anno, rigetta nel mare ogni anno circa 100 mila tonnellate di sali di magnesio e 30 mila tonnellate di sali di potassio di potenziale interesse commerciale.

CENNI STORICI. Diecimila anni fa i nostri antenati hanno smesso di nutrirsi di frutti, bacche e radici raccolti nei loro spostamenti, di correre dietro agli animali selvaggi per procurarsi con la caccia la carne, e hanno scoperto che alcune piante alimentari potevano essere coltivate e che alcuni animali potevano essere allevati in cattività. Si sono perciò fermati, e le nuove comunità di coltivatori-allevatori si sono trovate presto davanti alla necessità di conservare la carne e di evitare la putrefazioni delle pelli.
Qualcuno, in un paese in riva al mare, ha scoperto che la polvere bianca cristallina che il mare lascia sulla spiaggia, il sale, appunto, si prestava bene per fermare l’alterazione delle carni e delle pelli e anzi che rende più gradevole il cibo oltre a migliorarne la conservazione. Noi oggi sappiamo che la sostanza miracolosa è il cloruro di sodio, presente nell’acqua di mare in ragione di circa 29 grammi per ogni litro. La notizia della scoperta deve essersi rapidamente diffusa fra le piccole comunità umane sparse nelle foreste e nelle pianure e qualcuno deve avere cercato altre fonti di sale, diverse da quella marina. Chi non aveva sale sul posto doveva andare a comprarlo da chi lo poteva trarre da giacimenti come quelli formati da depositi di antichi mari, dando in cambio pelli, o grano, o magari belle ragazze come schiave. È così cominciato il commercio del sale e quando i venditori erano troppo esosi venivano aggrediti nelle prime guerre imperialiste della storia per la conquista di materie prime. Forse in una di queste sono state distrutte le città di Sodoma e Gomorra sulle rive del Mar Morto, circondate da grandi montagne di sale.
Nell’Antico e nel Nuovo Testamento il sale è il simbolo dell’alleanza dell’uomo con Dio; a conferma di tale patto nel battesimo cattolico il sale viene fatto assaggiare a chi entra nella comunità dei credenti. In tantissime società e religioni offrire il sale è un segno di amicizia. Il sale è sempre stato così importante che una volta veniva dato come compenso per il lavoro, il salario, appunto. Innumerevoli toponimi in tutte le lingue ricordano città dove si produceva o dove si commerciava il sale, o le strade (via Salaria) lungo cui il sale era trasportato. I governanti che avevano la fortuna di avere del sale nelle loro terre ne approfittavano per applicare delle imposte e monopoli sulla produzione e il commercio del sale. Nel Rinascimento il papato, che disponeva di saline a Ostia e Cervia, ogni tanto minacciavano la scomunica a chi comprava il sale da altri paesi evadendo l’imposta. Le imposte sul sale, un bene irrinunciabile, colpivano, naturalmente, di più le classi povere. Molti movimenti di liberazione nazionale, nel Canada come in India, sono partiti dalla richiesta di abolire la tassa sul sale.

L’imposta sul sale rallentava anche lo sviluppo dell’industria chimica che aveva ed ha bisogno di sale in molte sue operazioni; gli industriali prima inglesi e poi francesi e poi in tutti i paesi chiesero ed ottennero, a partire dal 1825, l’abolizione dell’imposta sul sale destinato ad uso industriale che veniva messo in commercio denaturato, addizionato con una sostanza velenosa per evitare che il sale a basso prezzo potesse essere usato a fini alimentari.

USI INDUSTRIALI. Il sale da due secoli è necessario per produrre la soda per il lavaggio dei tessuti e il cloro per la sbianca dei tessuti e della carta per la disinfezione delle acque, per ottenere solventi industriali, per l’addolcimento delle acque dure, per coloranti, eccetera.
Molti dei derivati industriali del sale entrano nella nostra vita quotidiana, senza che ci si renda conto che derivano, più o meno direttamente, dagli stessi bellissimi cristallini bianchi con cui saliamo la minestra, la carne, l’insalata.

La principale sostanza chimica industriale derivata dal sale è il cloro, dapprima ottenuto come sottoprodotto della produzione del carbonato sodico, poi prodotto insieme alla soda caustica col processo elettrolitico. Tipica merce bifronte, il cloro. Apprezzato per la disinfezione delle acque, ma poi usato come gas di guerra direttamente o nei derivati fosgene e iprite. Apprezzato perché può produrre il cloruro di vinile, base per utili plastiche di cloruro di polivinile, fino a quando il cloruro di vinile non ha mostrato la sua tossicità. Lodato quando usato per produrre il cloroformio, adatto come anestetico al posto dell’infiammabile etere, fino a quando non si è visto che era tossico.

Il cloro è stato apprezzato come materia prima del Ddt, in grado di eliminare la malaria, fino a quando non si è scoperto che il Ddt danneggiava le catene alimentari fino ad arrivare, tossico, nel cibo umano. Lodato per la produzione dei solventi clorurati non infiammabile dei grassi fino a quando non si è scoperto che tali solventi erano tossici. Apprezzato in quanto consente di produrre i clorofluorocarburi Cfc, fluidi frigoriferi al posto della scomoda ammoniaca, fino a quando non è scoperto che tali gas sfuggono nella stratosfera e distruggono lo strato di ozono. Un elenco di virtù e vizi del cloro che potrebbe continuare, ma che non esclude che il cloro derivato dal sale sia prodotto in quantità crescente nel mondo, oggi circa 60 milioni di tonnellate all’anno.

LA SITUAZIONE MONDIALE. La produzione mondiale di sale è di circa 290 milioni di tonnellate all’anno (2017); la Cina come al solito è in testa con 63 milioni di tonnellate, seguita dagli Stati Uniti con 44 e dall’India con 26 milioni di tonnellate all’anno. La produzione italiana si aggira, a seconda degli anni, fra 2 e 3 milioni di tonnellate all’anno.

Circa due terzi della produzione mondiale di sale è ottenuta dai depositi superficiali o sotterranei; in ogni caso la fonte è il mare che, nei milioni di anni, era distribuito sulla superficie del pianeta in modo molto diverso da quello attuale. Grandi estensioni di mare sono rimaste intrappolate all’interno dei continenti che si sono lentamente formati e le acque di molti di tali mari sono evaporate col calore solare e sono poi sprofondate al di sotto delle terre emerse.

Da tali giacimenti il sale viene estratto o con miniere o mediante iniezione di acqua che scioglie una parte del sale formando delle soluzioni saline concentrate (salamoia) che vengono pompate in superficie. La salamoia viene poi trasportata mediante “salinodotti” alle zone di utilizzazione o di concentrazione e purificazione.

L’estrazione del salgemma con questa tecnica è accompagnata da frane, dovute ai vuoti che si formano in profondità, nelle zone da cui è stato asportato il sale; ogni tanto le soluzioni saline sature si infiltrano in superficie rendendo sterili i campi. Il salgemma è però la forma più comoda ed economica per ottenere sale adatto specialmente per usi industriali.

Circa un terzo del sale prodotto nel mondo è ottenuto per evaporazione solare: l’acqua di mare viene fatta entrare in grandi vasche poco profonde, le saline: il calore solare fa evaporare l’acqua e il sale si deposita sul fondo. E’ una tecnologia suggestiva praticata in molte zone del mondo e, in Italia, in Puglia, Sicilia, Sardegna.

In Italia si produce sale per evaporazione dell’acqua marina in Puglia, Sicilia e Sardegna, da miniere sotterranee in Sicilia, da salamoie sotterranee in Toscana.

IMPORTANZA ALIMENTARE. Il sale è indispensabile nella dieta umana in ragione di circa 2 grammi al giorno, circa 700 grammi all’anno, usato direttamente per cuocere e condire il cibo o ingerito con gli alimenti conservati. Anche gli animali da allevamento hanno bisogno di sale. Per l’alimentazione umana diretta vengono impiegati nel mondo circa 20 milioni di tonnellate all’anno di sale; il sale alimentare deve essere raffinato, per evitare la presenza di altri sali; alcune norme sanitarie suggeriscono di addizionare il sale con iodio (da 20 a 50 milligrammi di ioduro di potassio per chilo di sale) o di fluoruri. Circa 30 milioni di tonnellate all’anno di sale sono usati per l’alimentazione del bestiame e circa 20 sono utilizzati dall’industria agroalimentare per la produzione di formaggi, salumi, carni e pesci conservati, dadi per brodo e molti altri alimenti umani. Il resto del sale è usato per la concia delle pelli, per eliminare il ghiaccio dalle strade, eccetera, oltre che per l’industria chimica.