«L’Italia non firmerà il Global migration compact, la decisione se aderire o meno spetta al Parlamento, e non andrà a Marrakesh alla Conferenza internazionale sulle migrazioni»: l’annuncio è arrivato mercoledì dal vicepremier Matteo Salvini, che ha scavalcato di nuovo il premier Giuseppe Conte. L’uscita ha provocato un sussulto nei 5 Stelle, ancora impegnati a far digerire ai parlamentari il decreto sicurezza. Il presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia, sponda pentastellata, ha subito replicato: «Il Global compact va sottoscritto assolutamente».
Brescia, perché è contrario alla posizione di Salvini?

Ho partecipato agli incontri internazionali sull’accordo, il testo è il frutto del lavoro dei rappresentanti dei governi mondiali e di istituzioni come l’Organizzazione internazionale per le migrazione e l’Unhcr. Si tratta di una dichiarazione d’intenti, non vincolante quindi ma che sancisce dei principi. In particolare, recepisce due capisaldi del Movimento: le migrazioni sono un tema globale che va affrontato su scala globale; la solidarietà tra Stati, soprattutto nei confronti dei paesi di primo approdo come l’Italia. Ma ci sono anche due elementi che accolgono le istanze di partiti come la Lega: non viene messa in discussione la sovranità nazionale e neppure il principio che gli stati riservino trattamenti differenti per migranti regolari e irregolari.

Perché allora Salvini ha imposto la linea di rimandare la decisione al Parlamento?

È in atto una battaglia su chi è più di destra tra Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia ma nel merito non ci sono motivazioni valide. Anzi, siccome si tratta di un elenco di intenti, qualcuno potrebbe persino dire che è troppo poco. A Giorgia Meloni, così impegnata a contrastare il Global migration compact, dico di rileggerlo perché le sue provocazioni sono senza fondamento.

Salvini, però, ancora una volta ha scavalcato premier e alleato con un annuncio non concordato.

La Lega e il Movimento 5 Stelle viaggiano su binari paralleli, non è che ci piacciamo così tanto e infatti non ci siamo presentati in coalizione alle elezioni. Su i dossier, di volta in volta, uno dei due ha l’ultima parola, come sul decreto sicurezza: abbiamo fatto alcune modifiche al Senato ma poi ci siamo fermati. Lo stesso, a parti invertite, è successo per il decreto dignità o l’anticorruzione. Per convivere bisogna saper indietreggiare. La decisione di sottoscrivere il Global compact era stata già presa e il ministro degli Esteri aveva riferito in parlamento. L’uscita di Salvini mercoledì è stata un danno.

Si formerà una maggioranza differente al momento del voto?

Mi auguro di no, spero che la Lega si ravveda. Del resto siamo impegnati a portare a casa due provvedimenti simbolo come il reddito di cittadinanza e quota 100 per le pensioni, superato questo scoglio la navigazione del governo sarà più tranquilla e non c’è motivo di fare le barricate contro il Global compact.

Il tema migranti, così come viene agitato dalla Lega, rischia di spaccare i 5 Stelle.

Al Senato abbiamo fatto delle modifiche al decreto sicurezza, alla Camera abbiamo presentato cinque emendamenti (che poi abbiamo ritirato) perché rimanesse traccia del nostro dissenso su tre punti: diritto d’asilo, Sprar e vendita dei beni confiscati alle mafie. Il tempo ci darà ragione e allora se ne potrà ridiscutere. I nostri parlamentati, anche con le astensioni, hanno mandato un segnale ai vertici del Movimento 5 Stelle: c’è bisogno di più condivisione, segnale che è stato recepito. Il Movimento vuole agire come un gruppo compatto ma i parlamentari hanno esercitato la funzione in base alla propria coscienza, non ci saranno conseguenze disciplinari.