Il Brasile torna in piazza oggi per chiedere la cacciata di Michel Temer, il presidente «de facto» che ha disarcionato Dilma Rousseff con un impeachment per un’accusa di corruzione mai provata. Ora, invece, i parlamentari di opposizione hanno chiesto ufficialmente che a essere messo sotto impeachment sia lui.

Temer è indagato dal giudice del Tribunale Supremo Federale (Tsf), Edson Fachin, nell’ambito dell’inchiesta Lava Jato, la «mani pulite» brasiliane. È accusato di aver autorizzato il pagamento di 2 milioni di reales (637.000 dólares) per comprare il silenzio dell’ex presidente della Camera, Eduardo Cunha, ora in carcere. In ballo, la corruzione dell’impresa Petrobras, che coinvolge il sistema politico brasiliano. Temer si proclama innocente e chiede l’annullamento dell’indagine.

Dopo lo scoop di O Globo che ha diffuso l’audio incriminato, sono iniziate le manifestazioni. Quella di oggi, fissata da sindacati e movimenti contro la riforma di lavoro e pensioni voluta da Temer, si riassume nella parola d’ordine delle elezioni anticipate e dirette. In caso di impeachment, le destre chiedono invece elezioni indirette, per far votare il candidato da deputati e senatori.

Tutto sembra indicare che i grandi poteri internazionali vogliano disfarsi del loro uomo di paglia: un personaggio di transizione, in attesa di trovare il cavallo vincente. È già accaduto così nei precedenti «golpe istituzionali» voluti dagli Usa in America latina: in Honduras, dove a Micheletti è succeduto Porfirio Lobo con elezioni regolari e anche in Paraguay dopo l’impeachment a Lugo.