Guardando la traiettoria di Marielle Franco, le battaglie e le conquiste ottenute dal movimento nero, dai movimenti di donne e femministe possiamo dare una lettura più complessa e sfaccettata del quadro cupo emerso con l’elezione di Bolsonaro nel novembre scorso. Se infatti Bolsonaro è stato eletto con un progetto politico basato su sessismo, razzismo, omotransfobia e diseguaglianze di classe, nelle ultime elezioni è aumentato il numero di donne elette nei partiti di sinistra: sono state elette Joenia Wapixana, la prima donna deputata indigena nella storia del Brasile, e Érica Malunguinho, la prima deputata donna trans nera e nordestina, ed è cresciuto il numero di deputate nere, anche se in modo del tutto insufficiente, essendo solo 5 a fronte di una popolazione nera che è più della metà.

L’ELEZIONE DI BOLSONARO è dunque anche la risposta di risentimento e odio politico di quanti si sono resi conto che i propri privilegi di classe, razza e sesso sono invece dei diritti per tutt*, è la reazione alle lotte portate avanti negli ultimi decenni da donne nere, femministe e soggetti eterodissidenti, dal movimento nero, dagli indigeni.

 

 

La pratica politica di Marielle dentro il Consiglio Comunale di Rio de Janeiro ha dato fastidio perché si è opposta alla storica pratica di silenziamento dei gruppi oppressi portata avanti dai gruppi socialmente più privilegiati: uomini bianchi eterosessuali di classe media. Le donne nere di classe popolare, gli indigeni, i neri hanno sempre resistito e prodotto un sapere che si opponeva all’esperienza dell’oppressione. Marielle ha incarnato questo pratica di resistenza portandola dentro uno spazio istituzionale composto tradizionalmente da bianchi, uomini eterosessuali di classe media. La presenza del suo corpo politico dentro questo spazio e le politiche che in esso ha difeso ancora oggi hanno forza proprio perché esprimono la possibilità di avere una voce laddove questa voce è stata negata.

IL MANDATO DI MARIELLE rappresentava un luogo collettivo e sociale di enunciazione del discorso a partire dal suo posizionamento come donna, nera, socialista, femminista, lesbica, madre, favelada, un luogo di enunciazione da cui allo stesso tempo si denunciava e si attaccava la violenza materiale ed epistemica del razzismo, del sessismo, della lesbotransfobia, del capitalismo e delle politiche di intervento militare per condurre una guerra ai poveri. Non solo: nel suo mandato politico si sono riconosciuti tutt* coloro che, pur non condividendo la sua stessa condizione sociale, si sono identificati nel suo progetto politico.

Marielle e tante altre donne nere e trans che occupano spazi storicamente a loro negati, stanno dicendo che la loro parola, il loro discorso sul mondo è legittimo, stanno sfidando il regime di autorizzazione discorsiva che definisce quali sono i soggetti e i corpi legittimati a descrivere la realtà, a nominarla e a governarla.
È assolutamente fondamentale riconoscere e difendere tutti i posti di enunciazione del discorso e di potere che sono stati conquistati dai soggetti oppressi, che subiscono continui tentativi di essere silenziati, anche con la morte, per far sì che tornino «al loro posto» (…).

MARIELLE CON LA SUA PRESENZA dentro il Consiglio Comunale aveva dimostrato che è possibile uscire dal posto che le era stato socialmente pre-assegnato, e per questo il semplice fatto di essere lì rendeva la sua presenza «ostile». Esiste una vera e propria paura presso i gruppi dominanti che le soggettività oppresse parlino, poiché essi dovranno ascoltare.

Come scrive Djamila Ribeiro «quando le persone nere rivendicano il diritto ad avere voce, stanno rivendicando il diritto alla propria vita» (O que é o lugar de fala, 2017). Non è un caso che Marielle avesse difficoltà a parlare durante le sedute del Consiglio: «Non sarò interrotta». Il suo discorso, il suo corpo lasciavano a disagio i soggetti dominanti perché i problemi dei favelados, delle donne, della gioventù nera, delle lesbiche di cui lei era rappresentante sono tutti problemi dell’intera società.

L’omicidio di Marielle ha provocato un’onda di mobilitazioni che è andata oltre i confini del Brasile, la sua morte ci ricorda quanto sia preziosa la pratica della solidarietà internazionale che tesse rapporti di sostegno e di condivisione con cui si rinnovano le lotte. In Italia più di tutte è stata la solidarietà femminista, e in particolare di Non una di meno, che ha saputo accogliere il progetto politico di Marielle, organizzando incontri anche con Monica Benício e Fernanda Chaves, una delle sue assistenti e unica sopravvissuta all’attentato.
Con passione abbiamo cercato di comprendere collettivamente la sua traiettoria politica che, malgrado le differenze tra i due paesi, ci spinge a analizzare come si manifesti il razzismo in Italia oggi, come esso si intrecci con il sessismo e con la lesbo-omo-transfobia, come esso si sostanzi nelle politiche istituzionali.

Con passione e determinazione continueremo a costruire alleanze femministe oltre tutte le frontiere, sempre con Marielle nel cuore.

Estratto dalla postfazione a «Marielle Presente!», di Agnese Gazzera, in uscita per Capovolte. Con un’introduzione di Marie Moïse e un saluto di Mônica Benício