Caccia al voto, in Brasile, per il secondo turno delle elezioni, il 26 ottobre. Il Partito popolare socialista (Pps), che ha appoggiato Marina Silva alla presidenza, domenica 5 ottobre, ha annunciato che sosterrà il candidato di opposizione, Aecio Neves. Quest’ultimo, che corre per il Partito della socialdemocrazia brasiliana (Psdb) è andato al ballottaggio con la presidente in carica Dilma Rousseff, del Partito dei lavoratori (Pt), vincitrice con il 41,59% delle preferenze. Neves ha invece totalizzato il 33,55%, scalzando Silva – candidata per il Partito socialista brasiliano (Psb) dopo la morte di Eduardo Campos – che sembrava inizialmente molto favorita e che invece ha totalizzato il 21,29%. La coalizione di Silva, oltreché il Pps, comprende il Partito repubblicano progressista (Prp), quello Social-liberale (Psl), il Partito patria libre (Ppl) e quello Umanista della solidarietà (Phs).

Oggi, si riunisce a Brasilia la direzione del Psb per decidere che posizione assumere, anche se le dichiarazioni di Silva e il programma che ha presentato portano a escludere un suo pronunciamento a favore di Rousseff. Silva ha anche detto che non adotterà un atteggiamento di neutralità, come nel 2010. Alcuni sondaggi prevedono però che un terzo del suo elettorato possa dirottare i propri voti su Rousseff. Silva ha infatti giocato su più tavoli: sia quello delle forze conservatrici e imprenditoriali, spaventate dall’atteggiamento di Rousseff rispetto all’integrazione latinoamericana, sia quello del suo passato ambientalista, le origini umili, e il fatto che avrebbe potuto essere la prima presidente brasiliana di pelle scura. È entrata nel Psb l’anno scorso, quando non è riuscita a raccogliere le firme necessarie per creare una sua propria formazione politica, che ha chiamato Rete Sostenibilità, il cui nome e l’ossatura rimangono comunque in piedi. Il Pps è la prima formazione che si pronuncia contro Rousseff: «Abbiamo l’autonomia per farlo», ha dichiarato il suo presidente, Roberto Freire. Se, però, per il secondo turno si considera lo stesso numero di aventi diritto – 142,8 milioni –, e si contano le schede bianche, i voti nulli e le astensioni, a Neves occorrono 17.100.000 preferenze per arrivare al 50% più uno: dovrebbe, quindi, incamerare, il 78% dei voti di Marina Silva.

Il quadro generale uscito dal 5 ottobre va letto anche alla luce della riforma elettorale che, a partire dal 1 gennaio del 2015, quando Rousseff o Neves assumeranno l’incarico, presenterà una maggior frammentazione in parlamento, con relativo ridimensionamento del peso dei grandi partiti. Il Senato – che ha rinnovato un terzo della sua composizione – continuerà ad avere una situazione abbastanza stabile, con gli stessi 16 partiti dell’attuale legislatura. In un parlamento che si è totalmente rinnovato, invece, agli attuali 22 partiti se ne aggiungeranno altri 6. Alla Camera, i grandi partiti si sono parzialmente ristretti – specialmente il Pt e il Partito del movimento democratico brasiliano (Pmdb), suo alleato – mentre si è determinata una crescita delle piccole e medie formazioni. Il Pt resta la principale forza con 70 deputati, ma ha perso 16 seggi, mentre il Pmdb, del vicepresidente Michel Temer, passerà dagli attuali 71 deputati a 66.

Se verrà eletta, Dilma conterà sull’appoggio di 304 parlamentari dei partiti alleati, ossia la maggioranza sul totale di 513 deputati. Neves conta su 128 parlamentari alleati, benché il suo partito abbia aumentato da 44 a 54 il numero dei deputati. Anche il Psb di Silva è passato da 24 a 34 deputati. In ogni caso, senza l’ambigua «terza via» proposta da Silva, la contesa torna a essere più chiara sul piano degli indirizzi, e la scommessa per la sinistra è quella di impedire il ritorno del neoliberismo, imperante prima dei governi Lula.