Giovedi 11 giugno è stata lanciata globalmente la campagna Fora Garimpo Fora Covi. Presentata in Brasile il 2 di giugno, l’iniziativa del Fórum de Lideranças Yanomami e Ye’kwana, segue di appena un mese la petizione lanciata dal fotografo brasiliano Sebastião Salgado e sua moglie Lélia Wanick (finora firmata da 298.197 persone) e, come la precedente iniziativa, esige dal governo federale che vengano presi provvedimenti di tutela nei confronti delle popolazioni indigene amazzoniche e l’urgente uscita degli oltre 20.000 garimpeiros dalla terra indigena Yanomami (TIY) situata negli stati di Roraima e Amazonas. I garimpeiros sono i cercatori d’oro o pietre preziose illegali, pratica diffusa sin dall’epoca della colonizzazione portoghese.

Il numero di yanomami è intorno ai 26.000 ossia, poco superiore al numero dei garimpeiros che circolano liberamente nelle loro terre. Uno studio dell’Instituto Socio Ambiental in collaborazione con la Universidade Federal de Minas Gerais ha ipotizzato uno scenario possibile di contagio su di un campione del 50% della popolazione, 13.800 yanomami concentrati nei territori di frontiera maggiormente colpiti dalla circolazione dei minatori d’oro.

Partendo dalla simulazione nel peggiore scenario, di alta tassa di trasmissione, la previsione è di 5000 nuovi casi in 120 giorni, toccando il 40% della popolazione, ossia il doppio del registro per popolazioni non indigene; in uno scenario di tassa media di trasmissione ( simile a quello che si registra in città) conseguente all’implementazione di medie misure preventive si raggiungerebbero il 15%; se invece si implementassero delle effettive misure di contenimento del virus ed un effettivo blocco della circolazione si potrebbe ridurre a 6% il tasso di contagio.

Visto il pendolarismo dei garimpeiros, che impunemente circolano tra la città, le aldeias e la foresta senza rispettare le misure restrittive che ammettono in terre indigene solo operatori sanitari testati, ci si immagina che la possibile tassa di contaminazione sia quella del peggiore scenario. Secondo Antonio Oviedo dell’ISA, questo significherebbe 5.600 persone a rischio di morte, ossia l’equivalente di 1/5 della popolazione Yanomami.

Marcos Wesley ricorda come nel 1997 esistevano circa 1000/1500 garimpeiros, principalmente in piccoli gruppi disseminati lungo tutto il territorio amazzonico per paura di essere scoperti. A dicembre del 2018 il numero era intorno ai 2500/3000. L’attuale governo Bolsonaro, insediatosi a gennaio del 2019 in un poco più di un anno ha permesso la crescita fuori controllo dell’attività estrattiva illecita portando all’aumento sproporzionato di 20.000 minatori. È quindi estremamente importante sottolineare come non solo il governo non stia più esercitando alcuna azione repressione nei confronti dell’esplorazione illegale ma anzi la incentivi.

La pandemia si sta diffondendo rapidamente tra gli indigeni. I dati provenienti dall’articolazione delle popolazioni indigene del Brasile (Apib) indicano che, al 2 di giugno si registravano circa 180 morti per covid-19 nelle 78 popolazioni che vivevano in 14 stati brasiliani, e 1.809 contaminati. Già secondo il Segretariato speciale per la salute indigena (Sesai) ci sono 1.600 casi e 60 indigeni uccisi dal covid-19 riflettendo il problema della sotto notificazione dei numeri che interessa l’emergenza sanitaria non solo con riguardo alle popolazioni indigene. Tre Yanomami sono morti di Covid-19 e dozzine di altri sono infetti.

Dario Kopenawa figlio di Davi Kopenawa, uno degli sciamani più conosciuti in tutta l’Amazzonia, e vice presidente dell’Associazione Hutukara Yanomami, dopo essersi ripreso dal Covid, è rimasto in città per organizzare la resistenza del suo popolo, ricorda come nella foresta gli sciamani lavorano senza sosta contro lo xawara. Xawara è la parola Yanomami per indicare le epidemie portate dai bianchi. Si tratta della terza volta che le popolazioni indigene amazzoniche sono vittime di un genocidio. Nel 1968 un’epidemia di morbillo ha decimato quasi 80% dei Yanomami. Vent’anni dopo, tra la fine degli anni ottanta e inizio novanta, è stata la volta di una grave epidemia di malaria ed ora trent’anni dopo il Covid19.

La campagna mostra un video molto forte in cui scorrono una serie di titoli di giornali fittizi immaginando la comunicazione di un prossimo futuro in cui, a fine agosto 2020, si annuncerà la morte di tutti i bambini yanomami. Tra la popolazione Yanomami appena il 4.5% ha più di 60 anni. Ripensando allo studio dell’ISA e UFMG questa realtà fittizia è spaventosamente possibile.

Le comunitá delle terre indigene Yanomami sono gravemente minacciate!

Firma la petizione: www.foragarimpoforacovid.org