Euno, schiavo ribelle, fu a capo della guerra servile scoppiata ad Enna nel 136 avanti Cristo. La rivolta esplose nelle terre del possidente Damofilo che, favorendo i Romani, cercava di ottenere la doppia nazionalità per sfruttare meglio gli schiavi. Alla fine, Damofilo fu ucciso ed Euno fu proclamato re.

GLI INQUIRENTI DI PALMI lo avranno più volte rievocato nel corso delle indagini tanto da ribattezzarle con il suo nome. E l’avranno identificato in quel bracciante senegalese che, sfibrato dai soprusi subiti, a loro si rivolse nel luglio del 2018.

Denunciava un sistema di sfruttamento schiavistico che albergava nella favela di San Ferdinando. È quel famigerato ghetto che l’allora ministro degli Interni, Matteo Salvini, pensò male di spianare con le sue ruspe. Senza offrire soluzioni abitative alternative e stabili (che pur ci sarebbero) e lasciando in mezzo a una strada centinaia di raccoglitori stranieri. Ancor di più alla mercè di trafficanti, caporali e ‘ndranghetisti senza scrupoli.

L’INCHIESTA EUNO È UN PUNTO di svolta nella lotta al caporalato. Ciò che da anni evidenziano gli antirazzisti locali e i sindacati attivi sul territorio, finalmente, è stato messo nero su bianco nell’ordinanza del Gip che ha portato agli arresti venti soggetti – 13 in carcere e 7 ai domiciliari – e notificato 9 tra obblighi di dimora, divieti di dimora e obbligo di presentazione alla pg. Si tratta di presunti caporali e titolari di aziende agricole della zona.

ll procuratore di Palmi Ottavio Sferlazza ha rimarcato: «C’è compiacimento per un’operazione che ha posto fine ad un fenomeno terribile di sfruttamento. Purtroppo registriamo l’assenza di scelte politiche che dovrebbero prevenire questi fenomeni assicurando a questa gente condizioni di vita dignitose che potrebbero esporli a minori pericoli».
Le carte attestano che i migranti erano costretti a lavorare 10-12 ore al giorno, sette giorni su sette, senza alcuna protezione individuale, a 2-3 euro l’ora. L’inchiesta, condotta dal luglio 2018 al gennaio 2019, grazie a pedinamenti, osservazioni, riprese video, interrogatori ed intercettazioni ha permesso di far luce sull’esistenza di una vera e propria rete di caporali composta da cittadini centroafricani che all’epoca vivevano nella baraccopoli di San Ferdinando e nei container di Rosarno.

LO SFRUTTAMENTO INIZIAVA già alle 5 del mattino quando i caporali, alla guida di minivan e veicoli, inidonei alla circolazione su strada ed al trasporto di persone, iniziavano a caricare i braccianti radunati in diversi punti di raccolta. Da qui venivano trasportati nei diversi fondi agricoli sparsi nella Piana per essere impiegati nella raccolta degli agrumi. Nei furgoni, omologati per il trasporto di non più di 9 passeggeri compreso il conducente, i caporali riuscivano a caricare sino a 15 persone, costringendo i braccianti, già provati dalle scarse condizioni di vita all’interno della baraccopoli, a trovare posto su sedili di fortuna in mezzo a tavole in legno, secchi di plastica, cassette per la raccolta, pneumatici usati.

Arrivati nelle campagne, continuava il calvario. A spaccarsi la schiena sui campi per un euro per ogni cassetta di arance e mandarini. Il gip ha disposto anche il sequestro preventivo di tre aziende agricole a Polistena, Rizziconi e Laureana di Borrello. Sarebbero l’anello terminale di questa filiera del reclutamento. Ma anche fra le tende del ghetto c’era sfruttamento.

DIVERSE DONNE SAREBBERO state costrette a prostituirsi da un liberiano che ogni sera le trasportava come pacchi, mettendole a disposizione di chi ne avesse voglia. Schiave in tutto e per tutto dell’uomo, le ragazze erano poi costrette a cedere parte del ricavato al loro sfruttatore. Gli inquirenti puntano il dito contro la politica inerme. Un duro atto di accusa contro chi non ha fatto niente per fermare questa barbarie. «A distanza di anni, dopo i morti che ci sono stati nelle varie tendopoli e baracche per gli incendi a tutti noti- ha concluso il procuratore Sferlazza – dobbiamo registrare che il fenomeno di sfruttamento continua. Di certo alimentato, foraggiato e favorito dalla situazione di degrado in cui questa povera gente continua a vivere da anni».