Attraversato il cortile di Palazzo Braschi, lasciandosi alle spalle il traffico di Corso Vittorio Emanuele, prima dello scalone principale ci si imbatte in una sproporzionata sedia con accanto un elmo e una lancia. Un gigantesco elemento scenico disegnato da Giacomo Manzù per Oedipus Rex di Stravinskij , andato in scena all’opera di Roma nel 1964. Inizia così il percorso dell’ampia mostra che racconta più di un secolo di relazioni fra arte e scena al Teatro dell’Opera di Roma, allestita negli spazi del Museo di Roma, al piano nobile di Palazzo Braschi, affacciato su piazza Navona, l’ultimo dei palazzi di famiglie pontificie costruito nella «città eterna».

 

 
Nato a fine Ottocento da uno sforzo imprenditoriale privato, il Teatro Costanzi fu inaugurato nel 1880, per affermarsi subito come un palcoscenico di punta con le prime di Cavalleria Rusticana (1890) e Tosca (1900), ma solo nel 1928 divenne ufficialmente il Teatro Reale della capitale d’Italia. Il rapporto con le arti figurative divenne fertilissimo degli anni Venti, come mostrano ad esempio i magnifici bozzetti di Casorati (Elektra di Strauss), a cui si aggiungono quelli di Prampolini (I capricci di Callot di Malipiero) e di De Pisis ( La rosa del sogno di Casella), ma anche di Picasso (El sombrero de tres picos di Manuel deFalla 1919, rimesso in scena nel dopoguerra), che dialoga a distanza con sé stesso, con lo splendido sipario di Parade ancora visibile nella mostra a Palazzo Barberini.

 

 
Il rapporto con le arti si rinsaldò ulteriormente nel dopoguerra, grazie anche alla presenza di figure come Massimo Bogiankino ai vertici del teatro. La mostra ripercorre spettacoli storici, che portarono un colpo d’ala innovativo in stagioni altrimenti molto tradizionali: il balletto Work in progress su musiche di Maderna, con i mobiles di Calder, il cretto di Burri ( per il balletto November steps), i bozzetti di Turcato, di Clerici e di Manzù, il doppio impegno di Renato Guttuso per Carmen e per Le sacre du printemps e ancora maquettes di Ceroli per La fanciulla del West e lo splendido bozzetto ligneo di Arnaldo Pomodoro per Semiramide (1982).Giorgio De Chirico, che frequentava l’Opera di Roma anche per rifornirsi di oggetti scenici e costumi utilizzati nei suoi ritratti e autoritratti, realizzò le scene per una celebre riproposizione di Otello di Rossini nel ’64, di cui sono visibili i bellissimi bozzetti e figurini.

 

 
L’occasione della mostra, curata da Gian Luca Farinelli con la consulenza scientifica di Francesco Reggiani e Alessandra Malusardi dell’archivio dell’Opera, ha propiziato due spettacolari ritrovamenti: uno dei siparietti dipinti e firmati dallo stesso de Chirico, di quindici metri, un inedito che fa magnifica mostra di sé nel salone d’onore di Palazzo Braschi, dopo un accurato restauro. Stessa cura è stata richiesta dalle delicate e bellissime maschere in cartapesta di Afro Basaldella, mai viste prima d’ora, realizzate per la Creation du monde di Milhaud nel 1955, sette delle quali sono esposte.

 

 
Il percorso è anche fittissimo di costumi che partono dalla celebre Tosca di Hohenstein, e incrociano i grandi della moda, Armani, Balestra, Ungaro e Valentino per la recentissima Traviata messa in scena da Sofia Coppola. Senza dimenticare la presenza dei grandi creatori di costumi come Pierluigi Pizzi, Lila de Nobili, Danilo Donati, Gabriella Pescucci e i recenti costumi di Gianluca Falaschi per il Barbiere di Siviglia del bicentenario.
Una chiusura tutta sul presente, vivo e positivo, del Teatro d’Opera della capitale con le maquettes delle scene di Lulu, disegnate da William Kentridge, uno degli spettacoli più applauditi della scorsa stagione. La mostra rimarrà aperta fino all’11 marzo 2018.