Il London Stock Exchang (Lse)e, del cui gruppo fa parte anche Borsa Italiana, e Deutsche Boerse hanno annunciato di aver avviato colloqui per una «fusione fra eguali» che porterebbe alla nascita della più grande Borsa europea, capace di competere coi mercati Usa come il Cme Group di Chicago e l’Intercontinental Exchange oltre che con l’Hong Kong Exchanges and Clearing. L’annuncio di questo nuovo tentativo di fusione tra Londra e Francoforte, avviene nel bel mezzo della tormenta sul destino dell’Unione Europea. Il 23 giugno prossimo, infatti, si svolgerà in Gran Bretagna il referendu, sulla permanenza del Regno Unito nell’Ue. In Germania sostengono che la fusione potrebbe essere una «via di fuga» per la borsa inglese nel caso in cui la Gran Bretagna decidesse davvero di uscire. «Non appoggerò una fusione che ha lo scopo di essere un salvagente per la City londinese nel caso di una Brexit», ha detto a Bloomberg il presidente della commissione finanze del parlamento tedesco, Ingrid Arndt-Brauer.

Le dimensioni dell’operazione sono considerevoli. Se l’operazione dovesse andare in porto, gli azionisti di Lse avrebbero il 45,6% del nuovo gruppo mentre i tedeschi il 54,4%. A Lse andranno 0,4421 nuove azioni per ognuna possedut. Quelli di Deutsche Boerseavranno un’azione per ognuna posseduta. Gli operatori tuttavia precisano che «non c’è alcuna certezza che si arriverà ad una transazione» e che l’operazione «dovrà avere il via libera dalle autorità di regolamentazione». La fusione «offrirà opportunità di crescita», portando «benefici significativi ai clienti». Una volta avvenuta la fusione, le borse manterrano il loro «marchio». Gli scambi continueranno come prima. L’annuncio ha fatto balzare in alto i due titoli. Lse ha guadagnato fino a un +18% e Deutsche Boerse a +8%.

Nel 2004 le due società annunciarono una trattativa per una fusione ma poi alla fine Lse respinse le avance tedesche. Sempre la Borsa di Francoforte l’anno scorso si vide confermare dal Tribunale europeo la decisione con cui l’Antitrust Ue nel 2012 aveva bloccato l’operazione di fusione da 17 miliardi di dollari con Nyse Euronext.

L’ombra del «Brexit» si allunga sulla stabilità finanziaria britannica. Ieri la Bank of England ha ammesso di lavorare a un piano di intervento per affrontare l’ipotesi che il Paese esca dall’Unione europea . Quello che il premier britannico David Cameron ha definito un «salto nel buio». La banca centrale ha confermato che l’incertezza del momento politico sta causando instabilità per la sterlina . Una tendenza che potrebbe essere rafforzata nelle prossime settimane, in attesa del voto. La situazione è la stessa del 2014, in occasione del referendum sulla secessione scozzese. Una sterlina debole potrebbe innescare un aumento dell’inflazione, a causa delle importazioni più costose, e anche favorire la decisione di aumentare i tassi di interesse, fermi allo 0,5% da diversi anni. In una lettera pubblica sul Times, alcuni padroni della City (Bt, Vodafone, Asda o Marks & Spencer) si sono detti preoccupati. Lo scontro nel partito conservatore tra il premier Cameron e il sindaco di Londra Johnson continua. Quest’ultimo è a favore della «Brexit».