Il Capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, arriva all’ospedale di Castrovillari di buon mattino insieme al presidente della Calabria, Mario Oliverio, per visitare i feriti. Dopo aver detto a Radioanch’io che «c’era un’allerta gialla che è stata ignorata, è un’altra tragedia che non doveva esserci», rincara la dose: «Esiste una scala di allerta e intensità sulla base della quale scatta la comunicazione e se i tecnici, algoritmi e carte meteo in mano, evidenziano un rischio di caduta di pioggia di un certo livello, noi ne dobbiamo prendere atto fosse una, dieci, cento volte».

Però se malgrado l’allerta meteo 10 persone perdono la vita e altre venti rischiano la stessa fine in un’area pubblica, un parco nazionale, il più grande d’Italia, uno tra i più estesi d’Europa, allora qualcosa deve essere andato storto nella macchina burocratica. E quando i cronisti gli domandano se gli avvisi non siano troppi e disordinati, Borrelli, stizzito, risponde: «Chiedetelo al padreterno se fa piovere meno. Il discorso è semplice: abbiamo dei tecnici che studiano i fenomeni e un sistema di 500 persone che si coordinano ed emanano avvisi. A me interessa evitare il ripetersi di tragedie di questa portata. Dobbiamo fare in modo di prendere spunto da quanto accaduto. Anche lo scorso anno a Livorno ci sono state cinque persone che hanno perso la vita in un seminterrato a causa di un evento meteorologico. Si tratta di vittime delle quali il sistema porta una qualche responsabilità. Nel settembre 2000 si è verificata l’alluvione di Soverato con 13 morti. Da allora la Protezione civile, anche a seguito dell’alluvione di Sarno, ha preso spunto per migliorare le proprie capacità di previsione». «Ma – riconosce lo stesso capo della protezione civile – dobbiamo fare di più. È tempo di costituire una piattaforma nazionale di allertamento».

Già, la comunicazione. Perché al sindaco di Civita l’avviso delle condizioni meteorologiche critiche è arrivato alle 13.11 di lunedì, un’ora prima che la bomba d’acqua si abbattesse sul comune di San Lorenzo trascinandosi poi fino al borgo arbreshe. Ma soprattutto in tempo non utile per emettere un’ordinanza che impedisse l’accesso alle gole. Le responsabilità saranno accertate dagli inquirenti. Per ora, la procura di Castrovillari ha acquisito le prime carte. «Siamo partiti ora. Siamo all’inizio dell’indagine ed è importante che abbiamo subito reperito i documenti» ha detto il procuratore Eugenio Facciolla. «In questo momento – ha aggiunto – siamo preoccupati per l’area e i luoghi. Ancora non sono stati emessi provvedimenti».

A settembre una riunione con il Comitato grandi rischi, Anci e Regione darà inizio ai lavori per la realizzazione della piattaforma sul sistema distribuito di comunicazione nell’ultimo miglio. «Lo faremo perché fare il sindaco è il lavoro più difficile del mondo in casi come questo», conclude Borrelli. «In Calabria siamo passati dal 52% di piani di emergenza dei comuni a oltre il 93% in soli tre anni – spiega poi il presidente della regione Oliverio – Rafforzeremo mezzi e avremo nuovi volontari». Nessuna falla nel sistema amministrativo, né altro: Oliverio sul punto non proferisce parola mentre abbraccia il sindaco Alessandro Tocci. «Svesto i panni di soccorritore e da oggi ritorno a fare il sindaco. Mi sto muovendo affinché si scoprano tutte le verità» dice. Ma resta aperta la polemica sul regolamento «Gole Sicure». «Abbiamo dato mandato ai nostri legali, c’è un’ordinanza del 1997 che non è applicata perché dovevamo consorziarci con tutti i sindaci dei comuni attraversati dal torrente Raganello». Ma ormai è tardi.

«Nelle domeniche estive, e ad agosto, l’atmosfera nelle Gole è quella di un Aquapark. In un giorno di allerta meteo per possibili temporali, sarebbe bastato un posto di blocco del Soccorso Alpino, dei vigili urbani di Civita o del Parco per impedire l’accesso al greto» commenta Francesco Bevilacqua, autore di guide ai sentieri della Calabria.