Il problema nelle relazioni tra Russia e Ue è la «mancanza di normalità: una situazione malsana che non giova a nessuno». Con queste parole il capo della diplomazia di Mosca, Sergej Lavrov, ha aperto i colloqui di ieri con l’Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell.

PUR RICONOSCENDO come i due paesi si siano guardati ultimamente «più come rivali che come partner», Borrell ha anche ribadito le molteplici aree di possibile cooperazione: dal digitale al clima, fino all’Artico e al processo di pacificazione del Medio Oriente. «I nostri rapporti stanno attraversando un momento difficile anche per la questione di Aleksej Navalnyj: tuttavia rimaniamo interconnessi, e creare un muro di silenzio tra noi non è un’opzione», ha detto Borrell, ribadendo che «al momento non c’è alcuna proposta di sanzioni da parte degli Stati membri verso la Russia».

LA VICENDA NAVALNYJ rimane quindi un punto di divisione fondamentale. «La mia visita si è occupata dei dimostranti arrestati: ho mostrato preoccupazione per la situazione e ribadito la richiesta di rilascio immediato», ha detto Borrell, che non ha incontrato di persona l’oppositore nonostante l’Ue avesse confermato una «volontà in tal senso» lo scorso 2 febbraio.

Su quest’ultimo punto è intervenuto il tribunale Simonovskij di Mosca, affermando che non sono pervenute richieste di incontrare l’attivista presso il centro di detenzione preventiva. Nel frattempo, Navalnyj è comparso nuovamente in tribunale ieri per rispondere dell’accusa di diffamazione ai danni di un veterano della Seconda guerra mondiale, che l’attivista avrebbe insultato durante la campagna per la riforma costituzionale dello scorso anno: per questa accusa l’oppositore russo rischia altri due anni di carcere. Dopo una giornata di lavori, la prossima udienza è stata convocata per il 12 febbraio.

RIMANE INSTABILE quindi il contesto russo, anche se lo staff di Navalnyj ha annunciato che non ci saranno nuove manifestazioni nei prossimi giorni per «carenza di personale», dopo i numerosi arresti conseguenti le manifestazioni del 23 e 31 gennaio scorsi: le autorità hanno reso noto che sono 4.908 i procedimenti avviati per violazioni amministrative.

Nella serata del 4 febbraio, inoltre, è stata comunicata la morte di Maksimishin Valentinovich, medico che aveva curato Navalnyj all’ospedale di Omsk dopo l’avvelenamento della scorsa estate: la struttura sanitaria che ha annunciato il decesso non ha fornito ulteriori informazioni. Alle tensioni contribuisce poi l’espulsione dalla Russia di tre diplomatici Ue che hanno partecipato alle manifestazioni: i tre funzionari – uno svedese, un polacco e un tedesco – sono stati dichiarati persona non grata e lasceranno il paese nel prossimo futuro.

La notizia, trapelata durante la conferenza stampa tra Borrell e Lavrov, è stata condannata dall’Alto rappresentante che ha chiesto di rivalutare la decisione. Anche la cancelliera federale tedesca, Angela Merkel, ha definito l’espulsione «ingiustificata» aggiungendo che «se la Russia non riconsidererà questa misura non resterà senza conseguenze». Le frizioni, almeno per il momento, non accennano a diminuire: non solo per il rapporto deteriorato con l’Ue, ma anche a fronte delle possibili iniziative Nato nel quadro della presidenza Biden.

Nonostante il rinnovo del New Start che potrebbe rappresentare un segno di distensione sulle atomiche, Biden era già nel 2003 un convinto sostenitore dell’allargamento ad Est della Nato: un tema cruciale per la sicurezza di Russia, Polonia e Paesi baltici in cui gli Stati Uniti conservano una presenza militare importante, e che negli anni ha sicuramente influito negativamente sui rapporti tra Mosca e Bruxelles.

Nel frattempo il comandante delle forze Usa in Europa, Tod Wolters, ha annunciato lo stop alla riduzione della presenza militare in Germania: l’ex presidente Donald Trump voleva infatti ricollocare circa 12 mila soldati, metà negli Stati Uniti e la restante parte tra più paesi esteuropei inclusa la Polonia. Restano in Germania, a confermare il solido legame con Berlino, ma in Polonia la mega-stazione dello Scudo antimissile alla frontiera russa, a quanto pare continua.