In Gran Bretagna torna l’accumulazione originaria. Dei vaccini anti-Covid-19. Il paese punta – e starebbe riuscendo – ad ammassare 210 milioni extra di dosi entro la fine dell’anno, dopo essersi distinto per una delle campagne vaccinali più rapide ed estese, nonché essersi opposto all’eliminazione delle regole internazionali della proprietà intellettuale per l’emergenza pandemica. È una cifra che basterebbe a vaccinare altrettanti cittadini dei dieci paesi del “Sud globale” la cui popolazione è ancora priva di protezione.

Lo riporta il Guardian citando Airfinity, un’organizzazione di analisi e monitoraggio dati scientifici con base a Londra. Il governo Johnson avrebbe ordinato 467 milioni di vaccini, di cui 306 milioni dovrebbero essere somministrati entro la fine dell’anno. Al momento, ad aver ricevuto entrambe le dosi è circa l’80% della popolazione nazionale adulta: quand’anche una simile proporzione di cittadini (tutti i giovani sopra i sedici anni e gli anziani più vulnerabili) accettasse l’invito governativo a vaccinarsi entro l’anno, è stato calcolato che ne occorrerebbero “soltanto” 95 milioni, da cui il surplus di 211 milioni.

«È un insulto a tutti coloro che muoiono ogni giorno», ha detto al giornale britannico il direttore dell’organizzazione di attivisti Global Justice Now Nick Dearden, commentando il fatto che il paese si stia attrezzando per offrire un terzo richiamo agli adulti e vaccinare gli adolescenti, mentre al resto dei paesi più poveri «restano le briciole». Non meno duri i toni del direttore di Oxfam Max Lawson, che ha parlato di «apartheid vaccinale».

La mossa del governo Johnson suona come uno sberleffo all’avvertimento lanciato nel luglio scorso dall’Organizzazione mondiale della sanità: il suo direttore, Tedros Adhanom Ghebreyesus, aveva criticato proprio la corsa dei paesi ricchi a una simile incetta quando miliardi di persone devono ancora ricevere una prima dose. «Con il fornire terze dosi di vaccino e difendendo la proprietà intellettuale dei vaccini, il governo britannico sta ignorando il parere dell’Oms, il che non farà altro che prolungare la pandemia, causare più morti e in ultima analisi  porterebbe a le mutazioni del coronavirus che potrebbero mettere a repentaglio lo stesso programma vaccinale britannico», ha ammonito Lawson. Quest’ultima posizione del governo Johnson sulla proprietà intellettuale è particolarmente odiosa, dal momento che impedisce ad altre industrie farmaceutiche di produrre i vaccini autonomamente.

Già alla fine dell’anno scorso uno studio del British Medical Journal aveva avvertito che quasi una persona su quattro nei paesi più poveri (o, come ipocritamente si preferisce, a basso e medio reddito) rischia di restare senza vaccino fino almeno al 2022, perché quelli ricchi si sarebbero assicurati il 51% di tutte le dosi esistenti al mondo. Questo (sorprendente?) aspetto è stato anche stigmatizzato dal direttore uscente della London School of Hygiene and Tropical Medicine, Peter Piot. In un’intervista al Daily Telegraph, il microbiologo Piot ha definito le mediocri quadriglie del nazionalismo vaccinale nelle quali si sono recentemente esibiti Ue e Regno Unito come un pericoloso «esperimento naturale che ucciderà molte persone».

Come anche nel caso del surriscaldamento globale – solo ora che appare nella sua biblica terribilità suscita le preoccupazioni che era già tardivo avere decenni fa – alla necessaria ingiustizia sociosanitaria che alimenta i profitti delle case farmaceutiche è legato a filo doppio il rischio d’impotenza scientifica nello sconfiggere una volta per tutte il virus, anche da parte dei paesi più ricchi e ingordi di vaccini, che hanno bisogno dei poveri vaccinati perché il virus smetta di mutare. Giacché il Covid-19 è una di quelle – odiosamente egalitarie – situazioni in cui nessuno è al sicuro finché non lo sono tutti.