Era l’8 maggio 2008 quando alla redazione di un noto quindicinale della Provincia di Latina arrivò la telefonata di un referente della Sogin, la società statale deputata al decommissioning, lo smaltimento, di tutte le centrali nucleari italiane. Minacciò azioni «forti» rispetto a quanto aveva appena pubblicato il giornale: un servizio e delle foto di una discarica presumibilmente abusiva (il materiale era in evidente stato di abbandono) situata a pochi metri dalla vecchia centrale atomica e dal reattore Cirene all’interno del sito nucleare di Borgo Sabotino. Un blitz del genere quel giornale lo aveva compiuto a gennaio 2004 quando vigeva lo stato di emergenza per rifiuti radioattivi nel nostro paese; si voleva verificare cosa avesse prodotto quel provvedimento negli anni dal punto di vista della sicurezza. Nelle foto erano ben visibili immagini di rifiuti ferrosi, in particolare bidoni corrosi dalla ruggine, sacchi neri per l’immondizia pieni di materiale ignoto, tubi di ferro e altro. C’era anche un cartello con le scritte «Attenzione» e «Deposito provvisorio di rifiuti speciali non pericolosi». Tutt’intorno sanitari per bagno, blocchi di cemento, tubi flessibili in plastica e persino una gigantesca torre metallica che un tempo fungeva da palo per l’illuminazione. Il tutto era ed è celato alla vista da un bosco di eucaliptus che circonda il sito dal lato mare.

L’articolo preannunciava anche che l’incursione sarebbe stata trasmessa dopo pochi giorni all’interno del programma televisivo «Exit», in onda su La7 e condotto da Ilaria D’Amico. Per tutta risposta la Sogin contattò la società che all’epoca produceva la trasmissione affermando che per esigenze di «sicurezza nazionale» avrebbe chiesto il sequestro preventivo dell’intero programma nel caso fosse andato in onda il servizio.

La «richiesta» (chiamiamola eufemisticamente così) fu accolta. Fatto sta che appena un mese dopo i giornalisti del quindicinale tornarono sul posto e riscontrarono che nel frattempo la discarica abusiva era stata fatta sparire. Dove siano finiti i materiali precedentemente abbandonati sul posto lo sanno solo quelli della Sogin (forse). Di analisi poi neanche a parlarne. Coincidenza vuole che su quell’area interessata dalla discarica abusiva siano presenti alcuni dei pozzi piezometrici dai quali è emersa recentemente la presenza di sostanze particolarmente pericolose per la salute umana e l’ambiente.

[do action=”citazione”]Le falde acquifere in prossimità o sottostanti la centrale nucleare di Sabotino, infatti, risultano gravemente inquinate[/do]

Lo dimostrano i risultati delle analisi effettuate a metà gennaio dai tecnici incaricati proprio dalla Sogin. Ben nove pozzi su dieci presenti nel sito sono risultati contaminati da cloruro di vinile con valori da due a venti volte superiori a quelli fissati per legge; vale a dire 10,1 microgrammi per litro, al posto dei previsti 0,5. Valori così alti non possono dipendere da un incidente o da una contaminazione casuale. La provenienza dell’inquinamento è di certo industriale o da una fonte di contaminazione persistente, visto che non è previsto l’utilizzo di questo prodotto nei processi di smantellamento e della messa in sicurezza del sito atomico. Almeno non direttamente perché il suo polimero, il polivinilcloruro (PVC) è molto usato per l’isolamento dei cavi elettrici, oltre che per realizzare una grande varietà di prodotti plastici.

Il cloruro di vinile è un potente cancerogeno; è anche infiammabile ed è talmente instabile alle normali condizioni ambientali che miscelato con l’aria può diventare esplosivo. Il prodotto salì alla ribalta già nel 1996 quando l’allora pm Felice Casson, oggi senatore del Partito democratico, chiese ed ottenne il rinvio a giudizio dei dirigenti della Montedison che nel polo petrolchimico di Porto Marghera avevano, secondo l’accusa, volutamente sottovalutato gli effetti tossici di questa pericolosa sostanza; lavoratori ed ambiente ne fecero le spese. Il processo si chiuse con una sentenza di assoluzione aprendo una delle pagine più maleodoranti della storia giudiziaria italiana. Quella sentenza fu comunque ribaltata in appello nel dicembre del 2004 con la condanna degli imputati per omicidio colposo.

Puntuale come sempre, grazie alla nostra giustizia malata di ingiustizia, arrivò la prescrizione.

31 ultima borgo sabotino e

Un altro caso simile si ebbe in Abruzzo con l’ex polo chimico di Bussi dove la stessa multinazionale, attraverso una discarica, avrebbe contaminato ancora con cloruro di vinile le falde acquifere dei territori attraversati dai fiumi Pescara e Tirino. Secondo la commissione Lavori pubblici della Camera dei deputati, presieduta all’epoca da Ermete Realacci, la Montecatini Edison avrebbe utilizzato una discarica posta a poca distanza dai fiumi Tirino e Pescara per interrare 1 milione e 800 mila tonnellate di rifiuti tossici e scarti industriali. Anche dalle parti del sito nucleare di Borgo Sabotino, a circa 4-5 chilometri in linea d’aria, c’è una discarica: quella di Borgo Montello. E la falda è la medesima. Già nel 2011 la Sogin fu obbligata dal ministero dell’Ambiente ad effettuare una serie di accertamenti per procedere con le opere di bonifica perché tutta la zona circostante era e resta a forte vocazione agricola.

Il prelievo di acqua dal sottosuolo con piccoli pozzi per annaffiare orti e piccole produzioni domestiche, soprattutto d’estate, è un fenomeno diffusissimo. Per tale motivo l’inerzia delle istituzioni preposte, a partire dal Comune di Latina e dalla Asl, è stato a dir poco irresponsabile. Pur coinvolte fin dal 2011 attraverso ben due conferenze di servizi nelle quali la Sogin avrebbe presentato i piani di caratterizzazione necessari per l’obbligatoria bonifica, non si sono presentati. Sono semplicemente rimasti a guardare. Tra l’altro ci risulta che quei piani siano ancora oggi inapplicati. Basti pensare che solo nel mese di luglio di quest’anno (ossia tre anni dopo i primi riscontri) sarebbe stata prevista l’intensificazione delle analisi per il protrarsi dell’inquinamento, si presume anche a causa della mancanza di interventi adeguati alla sua risoluzione. Tali analisi dovrebbero farsi ogni tre mesi insieme ai carotaggi per analizzare contestualmente il terreno circostante; magari iniziando da quello dove c’era la discarica abusiva. L’allargamento delle analisi infine dovrebbero coinvolgere l’attività dell’adiacente stazione di trasferenza gestito dalla società Terna, che si occupa del dispacciamento di energia elettrica con la Sardegna tramite cavi sotterranei.

L’intera vicenda è stata oggetto di un esposto del coordinamento provinciale di Legambiente inviato alla procura di Latina e a tutti gli organi interessati. Ovviamente di questo scempio la popolazione locale è stata avvertita con gravissimo ritardo.

Del resto è sempre stata abituata a convivere con il sito nucleare e con la discarica, tramite l’ignoranza dei problemi conseguenti. Lo ha testimoniato esemplarmente il documentario dal titolo «Scorie in Libertà» di Gianfranco Pannone (prodotto da Effetto Notte e patrocinato da Legambiente).

L’ultimo esempio è stato riportato recentemente dal manifesto: un deposito «provvisorio» delle scorie derivanti dallo smantellamento della vecchia centrale che risulta essere stato costruito da società ben poco trasparenti (persino in «odore di mafia»), poi comunque risultate fallite.

Una vicenda inquietante sulla quale Sogin non ha ancora proferito parola, nonostante anche un’interrogazione parlamentare dell’onorevole Zaratti. Nel frattempo le situazioni da chiarire aumentano. Guarda caso gli stessi terreni usati per la discarica abusiva, sono stati utilizzati per riportarvi terra di scavo per la costruzione del deposito. Da foto in nostro possesso risulta che in mezzo a quella terra di scavo c’erano anche materiali ferrosi di dubbia provenienza. Dunque un’altra inquietante storia di ordinario attentato all’ambiente e alla salute dei cittadini, vittime sacrificali di istituzioni e di un sistema imprenditoriale irresponsabili e al limite del criminale.