In questo interminabile anno di campagna elettorale Renzi ha snobbato la Calabria. Più che swing state la considerava una regione persa. Solo in extremis venerdì scorso ha fatto una comparsata a Reggio, unica città a guida Pd. Ma è stato più che altro uno scalo tecnico nel lungo viaggio Palermo-Firenze di fine campagna. La toppa si è rivelata peggio del buco. Perché ha scatenato le ire dei dem catanzaresi: «Il premier in mille giorni mai ha fatto visita al capoluogo. E’ uno schiaffo alla nostra dignità» si sono sfogati in una lunga nota.

I foschi presagi si sono rivelati realtà. La sconfitta del premier si è trasformata, a livello locale, in una debacle senza appello per il suo uomo forte al di là del Pollino e segretario regionale: Ernesto Magorno. Che nella sua Diamante incassa uno dei peggiori risultati di tutta la Calabria. Qui il No è arrivato al 72,1%, 4 punti in più rispetto al dato regionale (68%). Il No vince a casa di tutti i big del Pd calabrese. Hanno fallito i colonnelli, ha fallito anche il generale: il presidente Mario Oliverio non riesce a vincere nemmeno a casa sua, a San Giovanni in Fiore dove il Sì si ferma al 44%. E poi c’è il dato reggino. Nello Stretto il No è arrivato al 70%. A Crotone, infine, il dato boom del 73% di No.

C’è chi chiede le dimissioni di Oliverio: «I dati elettorali sanciscono il fallimento delle politiche messe in campo dalla giunta e assumono il sapore di un avviso di sfratto» dice Filippo Sestito del Comitato Verità, democrazia e partecipazione. E’ stata, per il resto, una campagna che ha rivitalizzato la sinistra, prima divisa in mille rivoli. «La difesa della Costituzione è stata il terreno comune di lotta per movimenti, sindacati, associazioni ambientaliste – spiega Delio Di Blasi dell’esecutivo nazionale Usb – che si battono quotidianamente per la dignità del lavoro, contro la precarietà, per il diritto all’abitare, contro grandi opere come il Ponte, in difesa del mare e contro l’air gun,  contro la chiusura degli ospedali pubblici e per il diritto alla salute da troppo tempo negato da un assurdo piano di rientro dal deficit. Il risultato, inaspettato nelle dimensioni, rappresenta la sfida comune da cui ripartire».

Sulla stessa lunghezza d’onda, l’Anpi calabrese: «Renzi ha pagato anche l’assurdo accanimento contro di noi – rileva Mario Vallone, presidente Anpi di Catanzaro -. Noi abbiamo fatto la nostra parte in tanti incontri per ribadire il concetto che la difesa della Carta non è mai una battaglia di parte e, citando Arrigo Boldrini, posso dire che abbiamo combattuto assieme per riconquistare la libertà per tutti, per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro».

Infine, c’è la questione A3. La data era cerchiata in rosso da tempo: 22 dicembre. Doveva essere una giornata straordinaria. Rischia di trasformarsi nell’ennesimo annuncio. Perché con le dimissioni del premier c’è incertezza su chi verrà a inaugurare la nuova Salerno-Reggio. Se prima mancava l’autostrada, adesso manca pure chi quel nastro doveva tagliarlo. Il timing messo a punto dal governo e dai vertici Anas rischia di subire uno spostamento in avanti. Negli ultimi giorni stanno chiudendo i cantieri sull’ultimo tratto con ammodernamento più profondo, i 20,5 km del macrolotto 3.2 tra Laino Borgo e Campotenese. È tutto pronto, insomma. Ma con chi sarà in auto il presidente dell’Anas, Vittorio Armani, quando la mattina del 22 si metterà in viaggio da Salerno per raggiungere Reggio?