Nel 2017 gli italiani che hanno tentato la fortuna almeno una volta al gioco d’azzardo sono stati 17 milioni, 7 milioni in più rispetto al 2014. Cala invece l’interesse tra i giovani (15-19 anni): l’anno scorso sono stati un milione ma quattro anni fa erano 1,4 milioni. Sono i dati emersi dagli studi Espad e Ipsad dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa, che avverte: negli ultimi dieci anni tra gli adulti (20-64 anni) i giocatori problematici sono quadruplicati, passando dai 100mila del 2007 (0,6%) ai 400mila del 2017 (2,4%). I giocatori problematici però diminuiscono tra gli studenti: erano l’8,7% nel 2009, sono stati il 7,1% nel 2017. La categoria di chi non riesce a moderarsi fa registrare una diminuzione o un assestamento al Nord e al Centro, mentre cresce in Sicilia, Basilicata, Calabria, Molise e Abruzzo. È a rischio chi non ha un’occupazione (19,2%) e gli studenti (14,1%). «Sono state investite risorse – spiega la ricercatrice Sabrina Molinaro – e sono stati fatti interventi di prevenzione nelle scuole ma molto meno al Sud dove, appunto, si sono visti minori risultati. Nella popolazione in generale, invece, il trend dei profili problematici è in crescita soprattutto tra i disoccupati o chi è in cerca di occupazione nella fascia 35-50 anni».

Sono soprattutto gli uomini a giocare. Nella popolazione studentesca la quota dei ragazzi è quasi il doppio di quella delle ragazze. I giochi più diffusi tra chi ha un profilo problematico sono le scommesse sportive. Al secondo posto c’è il Gratta e vinci, che però è il gioco più diffuso in assoluto: nel 2017 ha assorbito il 74% della domanda, era il 60,1% nel 2010. Seguono Lotto e Super Enalotto (calati invece dal 72,7% al 50,5%). Al terzo posto le scommesse sportive che aumentano dal 18,3% del 2010 al 28% del 2017. Anche tra i giovani il gioco più diffuso è il Gratta e vinci (64,7%), seguito dalle scommesse sportive.

Più di sei giocatori adulti su dieci affermano di spendere meno di 10 euro al mese, ma tra i giocatori problematici la posta in gioco cresce: il 50% spendere meno di 50 euro al mese, il 37% fra i 50 e i 200 euro, quasi il 15% spende più di 200 euro. «Circa 100mila persone hanno chiesto denaro in prestito al circuito illegale – spiega la ricerca -, poco più di 100mila hanno procurato danni economici ad altre persone e quasi 30mila hanno subito danni economici in prima persona». Tra gli studenti, oltre il 75% spende in azzardo meno di 10 euro al mese e il 6,3% più di 50 euro al mese, quota che tra gli studenti con profilo problematico sale al 22,1%. Il 61,7% degli intervistati è convinto che l’abilità sia determinante per vincere a poker, il 36% crede lo sia anche nelle scommesse. Poi però il 40,1% ammette di aver perso, il 48 dice di essere in pari e solo l’11,9% di aver vinto. Fra gli studenti, è convinto che sia possibile diventare ricchi se si è bravi al gioco il 51,3% degli intervistati, con quote del 61,5% per il poker.

È facile scommettere in Italia: quasi sei persone su dieci riferiscono di poter raggiungere un luogo dove giocare in meno di 5 minuti a piedi. Anche il 33,4% degli studenti vi accede in meno di 5 minuti da scuola e il 28,4% in 10 minuti. E poi c’è il web: secondo il Cnr, nel 2017 circa 1,4 milioni di italiani hanno giocato online, almeno 200mila gli studenti (a fronte dei 240mila del 2016). Lo strumento più utilizzato è lo smartphone. Uno studente su dieci, inoltre, ignora che in Italia il gioco d’azzardo è vietato ai minorenni. Un divieto facilmente eluso: si stima che siano 580mila i minorenni che hanno giocato d’azzardo nel corso del 2017. «La facilità di accesso ai luoghi di gioco – prosegue la ricerca – è confermata da questo dato: solo il 27,1% ha avuto problemi a giocare d’azzardo in luoghi pubblici perché minorenne». Il Codacons ha annunciato una raffica di denunce contro le amministrazioni locali che «autorizzano aperture selvagge di sale slot».

Per lo stato è un settore redditizio, come spiega l’Ufficio parlamentare di Bilancio: dal 2000 al 2016 la raccolta complessiva di giochi e scommesse è aumentata da 19 a circa 96 miliardi di euro; nel 2017 avrebbe superato i 102 miliardi. Il 20% della raccolta si ripartisce tra le entrate erariali (10,5%) e il fatturato. Dal 2006 al 2016 il prelievo tributario sul settore è passato da circa 7 a oltre 10 miliardi, corrispondente allo 0,6% del Pil e oltre il 2% delle entrate tributarie complessive. Le imprese sono circa 6.600, il giro d’affari dell’indotto è quasi raddoppiato dal 2006 al 2011.