Oggi la regione Veneto presenterà un ricorso alla Corte costituzionale contro alcune disposizioni del decreto Irpef, quello che nell’aprile scorso ha introdotto il bonus Irpef di (al massimo) 80 euro. Lo ha annunciato ieri il presidente della regione, il leghista Luca Zaia, precisando che l’obiettivo della giunta non è andare contro il bonus fiscale (quello che Renzi e Padovan stanno adesso cercando di rendere stabile per il 2015) ma il modo in cui è stato finanziato. Cioè (anche) con tagli alle regioni e ai comuni. «Se decidi di fare un finanziamento – ha detto Zaia – lo devi fare con i soldi tuoi. È troppo facile farlo togliendo soldi alle regioni e agli enti locali, tanto più con tagli orizzontali basati sulla spesa storica del 2013, così si premiano le regioni più sprecone».

Va da sé che Zaia mette la sua regione tra le virtuose, confortato in questo dalla produttività della sanità veneta che per le spese rientra nei nuovi parametri dei costi standard. Il governatore aveva fatto sentire la sua contrarietà al decreto Irpef già nella scorsa primavera, anche all’interno della Conferenza delle regioni, dove però alla fine era prevalso il parere favorevole alla misura proposta dal governo. Che, al principio, prevedeva tra le forme di finanziamento del bonus (10 miliardi su base annua) proprio un pesante intervento diretto sui trasferimenti dallo stato alle regioni per la copertura delle spese sanitarie. E invece nel decreto convertito in legge nel maggio scorso, è stato previsto un contributo generico dalle regioni e dagli enti locali (500 milioni di euro per il 2014 e 750 per i tre anni successivi) senza che sia specificata la provenienza. Ma in tutte le regioni la spesa sanitaria vale circa l’80 percento del totale, e dunque quando il governo impone una «riduzione della spese per acquisti di beni e servizi» è chiaro che il risparmio finisce per colpire l’assistenza sanitaria pubblica.

«Il governo i soldi non li ha – ha detto ancora Zaia – ha fatto un decreto senza coperture e vogliamo che sia chiaro anche alla gente che quel che gli danno con una mano lo sottraggono al territorio con un caterpillar. Spero – ha poi aggiunto – che non vengano a toccarci la sanità, la migliore d’Italia e con i conti in attivo, perché allora ci arrabbiamo sul serio». Oggi gli avvocati della regione depositeranno il ricorso contro il decreto e la legge di conversione che comprimerebbero indebitamente l’autonomia di spesa regionale. Il Veneto punterà soprattutto sul mancato rispetto del principio dei costi standard: il ricorso alla spesa storica come parametro per definire l’ampiezza del taglio, sostengono i legali di Zaia, penalizza ulteriormente le regioni «virtuose», come il Veneto che dal 2010 ha razionalizzato la spesa e contenuto i costi.

Il criterio dei costi standard, però, non è ancora previsto dalla Costituzione, anzi è stato proprio il leghista Calderoli a far passare un riferimento in questo senso nel testo della riforma del Titolo V appena approvato in prima lettura al senato. Proprio nell’aprile scorso, la Consulta aveva dato ragione alla regione Lombardia che aveva fatto ricorso contro un taglio ai trasferimento nazionali deciso sulla base di un altro parametro, quello dei costi intermedi. Mentre appena un mese fa era stata la Valle d’Aosta a presentare un altro ricorso alla Consulta contro il decreto Irpef e proprio sui tagli, ma in quel caso sostenendo che il governo ha violato l’autonomia speciale di cui gode la regione.

Il sottosegretario all’economia Baretta (Pd) ha definito l’iniziativa di Zaia «tardiva e pretestuosa» e anche «controproducente» perché «essendo il Veneto al alto tasso di occupazione dipendente, i benefici del bonus Irpef arriveranno in modo più che proporzionale» rispetto ad altre regioni.