Sul caso della moglie e della figlia del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov «ci sono ancora punti oscuri che altre istituzioni dovrebbero chiarire». Dopo settimane di incomprensibili silenzi, per i quali non sono mancate le critiche, il ministro degli Esteri Emma Bonino si decide finalmente a prendere la parola sul caso che ha visto come protagoniste Alma Shalabayeva a la figlia Alua. E le sue parole lascerebbero intendere che quando domani prenderà la parola in Senato davanti alla Commissione diritti umani, la titolare della Farnesina non lesinerà critiche verso il collega Alfano. «Più che dissentire da quanto ha detto il ministro Alfano, si tratterà di mettere i puntini sulle i e chiarire meglio alcuni passaggi su quanto è avvenuto», dicono fonti del ministero degli Esteri.
La linea scelta finora di mantenere un basso profilo potrebbe dunque essere arrivata alla fine. Almeno per quanto riguarda l’aspetto italiano perché sull’altro fronte, quello kazako, a prevalere è ancora la prudenza. Per ora, infatti, non si parla di un possibile allontanamento di Andrian Yelemessov, l’ambasciatore kazako a Roma che nei giorni caldi delle ricerche di Ablyazov spadroneggiava negli uffici del Viminale. «Stiamo ancora valutando», ha detto Bonino. «E’ indubbio che l’attuale ambasciatore kazako in vacanza, dopo gli avvenimenti, non sarà più neanche una persona molto utile per i kazaki, perché non lo riceverebbe più nessuno» ha proseguito il ministro, che ha anche spiegato come adesso per la Farnesina l’importante è non creare contraccolpi indesiderati. «La mia prima preoccupazione è di non indebolire per reazione o controreazione la nostra presenza ad Astana e quindi la nostra capacità di assistenza» alla signora Shalabayeva.
Ma la seduta di domani al Senato sarà anche l’occasione per spiegare i tanti, troppi silenzi della Farnesina. Dal ministero si afferma che Bonino abbia cominciato a muoversi fin dal primo giugno, giorno in cui avrebbe appreso dell’espulsione di Shalabayeva e di sua figlia. Ma i contatti tra ministeri sarebbero cominciati prima di quella data, a cominciare da quando dal Viminale è partita una richiesta di conferma sul fatto che ad Alma Shalabayeva veniva riconosciuto lo stesso asilo politico riconosciuto al marito dalla Gran Bretagna. C’è poi il passaporto diplomatico rilasciato dalla repubblica Centrafricana ad Alma Ayan, nome dato alla Shalabayeva per tutelarla da possibili rischi. Il 31 maggio scorso, di fronte al giudice di pace chiamato a confermare il trattenimento della Shalabayeva presso il Cie di Ponte Galeria, l’avvocato Riccardo Olivo, che assiste la donna, ha mostrato i documenti con cui l’ambasciatore centrafricano a Ginevra dichiarava del tutto legale il passaporto, spiegando come Alma Ayan e Alma Shalabayeva fossero la stessa persona. E’ possibile che la Farnesina non sapesse nulla? E perché ha tardato a convocare l’ambasciatore kazako per chiedere spiegazioni?
Emma Bonino, ieri a Bruxelles per la riunione dei capi delle diplomazie dell’Ue, ha rimandato a domani quando riferirà in Senato ogni spiegazione. Il che non le ha impedito di polemizzare ancora con Alfano ricordando come lei abbia cominciato a occuparsi del caso prima di tutti, «in solitario e con grande attività dal primo giugno, di fronte a istituzioni del paese che continuavano a ripetere che tutte era regolare».
Ieri intanto sulla vicenda è intervenuto lo stesso il giudice di pace, Stefania Levore, che ha smentito di aver mai saputo della nota dell’ambasciata kazaka con cui si informava il Viminale dell’esistenza di due passaporti riconducibili alla Shalabayeva (uno dei punti che deve appurare l’ispezione ordinata dal ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri). «A me qualla documentazione non è stata fornita da nessuno – ha spiegato il magistrato onorario – Gli unici documenti posti alla mia attenzione sono stati quelli della difesa che ha presentato alcune dichiarazioni provenienti dalla autorità della repubblica Centrafricana in cui si diceva che la signora Alma Ayan era un soggetto conosciuto in quello Stato».