Non cadrà, ma danni alla maggioranza che lo sostiene ne ha causati parecchi. Soprattutto, il ministro Bonafede, il solo con Conte ad aver mantenuto l’incarico nel passaggio dall’alleanza con la Lega a quella con il Pd (c’è anche Costa all’ambiente, ma non si nota), costringe i partiti a complicate contorsioni per giustificare il voto contrario alle mozioni di sfiducia individuali che lo riguardano e che si votano stamattina al senato. Renzi è riuscito in qualche modo a tenere il governo sulla corda. Una mozione di sfiducia al ministro della giustizia l’aveva annunciata lui stesso. E ne aveva chiesto le dimissioni. Ma non farà cadere il governo adesso e per questo, votando le mozioni delle opposizioni. Anche se ha convocato un’ultima drammatica riunione dei suoi diciassette e potenzialmente decisivi senatori per stamattina. Il Pd la riunione l’ha fatta ieri sera. Quando ancora non aveva ricevuto risposte precise dal ministro al quale era stata recapitata una richiesta sola: un segnale di cambiamento. Non è naturalmente mai stata in discussione l’eventualità di un voto suicida contro il governo da parte dei senatori dem, per quanto teso sia stato in questi mesi il rapporto tra il partito di Zingaretti e il guardasigilli. Si è cercato casomai di raccogliere qualcosa da questa scomoda circostanza, condizionando almeno un po’ la linea di populismo penale del ministro. Difficilmente il tentativo avrà successo. Per quanto ammaccato dai recenti colpi subiti proprio sul fianco giustizialista, il Bonafede che prenderà la parola stamattina nell’aula del senato non potrà che confermare se stesso.

«Domani voteremo soprattutto per salvare il Governo», dichiara il capogruppo dei senatori democratici alla fine della riunione in cui ha dovuto ascoltare diverse critiche al ministro. E aggiunge: «il Guardasigilli ora deve ricordarsi di essere ministro in un governo di coalizione nella stesura delle riforme del processo penale e civile». Il piano lo ha esposto qualche giorno fa il vicesegretario Pd Orlando in un’intervista a questo giornale: bisogna accelerare le riforme che erano state messe da parte per non scontrarsi con la magistratura associata (il Csm) e incidere con più forza nelle vecchie regole che agevolano le logiche correntizie. Nel caso in cui il ministro non desse seguito a queste richieste, si è detto nella recente riunione dei parlamentari Pd che seguono la materia, i gruppi potrebbero andare avanti e depositare le loro proposte di legge senza gli alleati. Sapendo di poter contare sui voti di parte dell’opposizione.

MANOVRE TATTICHE che è difficile prendano corpo, oltretutto il parlamento è bloccato dalla valanga di decreti anti Covid-19 e riesce appena a immaginare di dedicarsi ad altro. Tutto quello che è successo before Covid, quando la maggioranza giallo-rossa sulla giustizia rischiò la crisi prima di trovare un faticoso accordo a tre, senza Italia viva – è come dimenticato. Il disegno di legge delega di riforma del processo penale, ad esempio, c’è ed è agli atti della camera, consultabile anche dal capogruppo Pd che ne invoca la stesura. O dalla senatrice Bonino che nella sua acclamatissima mozione attacca Bonafede perché «dopo più di un anno di annunci non ha ancora proposto per la calendarizzazione in parlamento il disegno di legge di riforma del processo penale». Questa mozione, che si affianca a quella di tutto il centrodestra, per le firme necessarie alla presentazione è soprattutto una mozione di Forza Italia. Il suo grado di minaccia per la tenuta di governo va valutato da questo particolare, il partito di Berlusconi essendo in coda alla lista di quelli interessati alla crisi. Ma certo il testo per le posizioni di Italia viva è «perfetto» (insiste sul giustizialismo del ministro e attacca per la linea sulle carceri), per questo la via per non votarlo (magari uscendo dall’aula) è più tortuosa per i renziani.

PASSA QUESTA VIA da altri tavoli e per altre trattative. Con la giustizia hanno poco a che fare. La capogruppo dei deputati Iv Maria Elena Boschi ieri sarebbe stata (non ci sono conferme ufficiali) due volte a palazzo Chigi per negoziare le richieste dei renziani che puntano a intestarsi i prossimi provvedimenti per la famiglia e per la riapertura dei cantieri. Da escludere che la mediazione passi per un posto di sottosegretario di Bonafede che è insieme poco e troppo, visto che porterebbe a condividere la responsabilità della linea politica sulla giustizia. Possibile che al suo ministro, lo stesso che gli ha fatto da apripista nel mondo 5 Stelle, Conte abbia chiesto di dare un segnale proprio sul tema sul quale è stato meno disponibile nei mesi scorsi. Dopo la chiusura dei tribunali imposta dall’epidemia, in fondo, il ragionamento sulla prescrizione deve essere ripreso.