Il guardasigilli Alfonso Bonafede ha attivato gli ispettori per «accertamenti, valutazioni e proposte» sul caso che sta agitando le procure italiane: l’indagine dei pm di Perugia a carico del magistrato in forza a Roma Luca Palamara (accusato di corruzione), che ha finito per coinvolgere i colleghi Stefano Fava e Luigi Spina (per rivelazione di segreto d’ufficio). Anche l’Anm si è attivata chiedendo gli atti per poi «consentire una preliminare istruzione dei probiviri».

Intanto Spina si è autosospeso dal Comitato di presidenza del Csm. Inchieste e nomine alla procura di Roma, dove bisogna scegliere il nuovo vertice e due aggiunti, agitano magistratura e politica.

Ieri sono arrivati nuovi particolari sul fronte giudiziario. Non solo viaggi, soldi e gioielli: l’imprenditore Fabrizio Centofanti avrebbe pagato all’allora consigliere del Csm Palamara anche un cenone di Capodanno a Madonna di Campiglio nel 2014.

Ma il magistrato, che era in corsa per il posto di aggiunto a Roma, nel corso degli interrogatori di giovedì e poi di ieri, ha negato ogni addebito: «Non ho mai ricevuto denaro e mai avrei interferito per la nomina del procuratore di Gela o per danneggiare qualche magistrato nei procedimenti disciplinari. Ho chiarito tutto».

Non rinnega però l’amicizia con Centofanti e sui colleghi Fava e Spina, che gli avrebbero rivelato l’esistenza dell’indagine a suo carico, minimizza: «Era diventata una notizia conosciuta a molti». In particolare, ha spiegato di non avere mai avuto 40mila euro dagli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore per perorare il nominativo di Giancarlo Longo alla procura di Gela (nomina poi stoppata dal presidente Mattarella). I pm umbri l’accusano anche di aver tramato con Fava per screditare l’aggiunto Paolo Ielo, molto vicino all’allora capo della procura di Roma Giuseppe Pignatone: «Non avrei mai inteso danneggiare i colleghi del mio ufficio – la replica – e tantomeno Ielo. Sono state riportate frasi delle intercettazioni nelle quali non mi riconosco».

Infine, nelle intercettazioni sono finiti anche due parlamentari, individuati nei dem Cosimo Maria Ferri e Luca Lotti: «Non posso negare di avere conosciuto esponenti del mondo politico istituzionale – la spiegazione di Palamara -. Sono dieci anni che sono a vario titolo coinvolto, sia come presidente Anm sia come consigliere del Csm. Ciò non significa che le discussioni che ci sono state potessero interferire in qualche modo nella scelta dei capi degli Uffici giudiziari. Ci sono stati momenti di confronto solo per questioni attinenti all’interesse della giustizia».