«Purtroppo sono ancora positivo. Vista la forte tosse persistente, poi, sono stato visitato e ho fatto ulteriori accertamenti. Mi hanno diagnosticato una polmonite bilaterale a uno stadio iniziale». Ad annunciarlo su facebook è stato ieri mattina Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna e della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Per sua fortuna Bonaccini potrà curarsi a casa, senza dover essere ricoverato.

I numeri dicono che nella sua regione le cose stanno andando pian piano sempre peggio. La soglia delle duemila nuove positività giornaliere è ormai superata da tempo (ieri 2.384 in più), con un indice settimanale di contagio Rt all’1,4. Due settimane fa era più alto, all’1,67, ma comunque si tratta di un trend di crescita e infatti l’Emilia-Romagna, vista la situazione e il sovraccarico degli ospedali, entrerà in zona arancione da domenica.

Continuano ad aumentare ad esempio i pazienti in terapia intensiva e quelli ricoverati nei reparti Covid. Quel che vuol dire l’ha spiegato l’assessore alla sanità Raffaele Donini, parlando di saturazione dei reparti ospedalieri oltre l’80%. «Il servizio sanitario migliore d’Italia non reggerà in eterno. Ben venga la zona arancione», ha detto l’infettivologo bolognese Pierluigi Viale. Mentre a Modena il direttore sanitario dell’azienda ospedaliera Luca Sircana ha auspicato il lockdown per dare «respiro al personale e alle strutture sanitarie».

Poi ci sono le indagini epidemiologiche, che ormai si accumulano sempre più ogni giorno che passa. Ieri erano 687, un mese fa erano solo 39. Una situazione che peggiorerà ancora, perché per vedere appieno gli effetti della “zonizzazione” ci vorrà del tempo. «Intanto ammalati e morti continueranno tristemente a salire. Sarebbe servita una chiusura netta per impedire quel che purtroppo è successo», ha dichiarato il consigliere regionale del Pd Giuseppe Paruolo, uno dei pochissimi ad avere lanciato l’allarme già ad ottobre. Inascoltato.

Ma è tutta la regione a svegliarsi di colpo dal sonno, se si pensa che solo quattro giorni fa le Sardine di Mattia Santori progettavano di festeggiare in Piazza Maggiore a Bologna l’anno di vita del movimento, chiedendo ai simpatizzanti di portare in piazza una lettera. C’è voluta un’ordinanza del sindaco Virginio Merola per fermare una macchina che si stava già avviando, e che in passato è stata capace di enormi mobilitazioni.

Adesso però è arrivato il momento per gli appelli alla responsabilità. «Dobbiamo impedire al virus di nutrirsi di sottovalutazione e insofferenza. I posti letto non sono infiniti come non lo è la capacità di sopportazione dei lutti», ha raccontato Bonaccini, per poi chiedere «sacrifici» perché «serviranno ancora diversi mesi» per uscire dall’emergenza. Un drastico ribaltamento nella retorica di un presidente di Regione impegnato fino a poche settimane fa nel dare un messaggio di ripartenza, e fino a tutto settembre protagonista di un braccio di ferro col governo per aprire o tenere aperti stadi e altri luoghi di ritrovo di massa. Ultima battaglia (persa) quella per garantire la presenza di almeno 7 mila spettatori al gran premio di Formula 1 di Imola, che alla fine si è tenuto a porte chiuse il primo novembre.

Ormai di un altro mondo i balli sfrenati senza mascherina né distanziamento che si sono visti questa estate in tante discoteche della Romagna. Ora i toni sono quasi tragici: «Il mio appello – ha concluso Bonaccini – ve lo faccio quindi da presidente, ma anche da persona che ora sta curandosi. Per il bene che vogliamo a noi stessi e agli altri. Perché regga la nostra sanità, e a nessuno siano precluse le cure di cui ha bisogno».