Tre ore dai magistrati e la convinzione di aver chiarito tutto e di poter andare avanti con la campagna per le primarie in Emilia Romagna perchè «4000 euro sono una cifra modesta in 19 mesi di attività». Stefano Bonaccini ieri ha tirato fuori le unghie dopo la notte probabilmente più lunga per lui, indagato per peculato nell’inchiesta sulle cosiddette «spese pazze» dei consiglieri regionali. Non si ritira dalle primarie e come ha detto uscendo dalla Procura «È determinato a proseguire». «Ero sereno prima, e sono ancora più sereno adesso – ha detto – perché penso che abbiamo potuto dare spiegazioni per qualsiasi eventuale addebito». Il suo legale, avvocato Vittorio Manes, farà istanza per chiedere di stralciare la posizione del suo assistito dal resto dell’inchiesta e perchè venga chiesta l’archiviazione sulla sua posizione.

A Bonaccini, come ha spiegato lui stesso, vengono contestati 4000 euro di pranzi, cene e rimborsi chilometrici che secondo la Guardia di Finanza non avevano a che fare con la sua attività. L’inchiesta ha spulciato 35 mila scontrini e visto finire nel registro degli indagati quasi tutti i consiglieri regionali e tutti i capigruppo. Entro ottobre dovrebbero arrivare gli avvisi di fine indagine e, effettivamente, dopo l’audizione dai pm la sua posizione sembra essere alleggerita. Con la determinazione di Bonaccini ad andare avanti pare proprio che le primarie si faranno tra lui e l’ex sindaco di Forlì Roberto Balzani a meno di nuove clamorose scelte romane. Ma il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini ieri in Transatlantico si affrettava a dire: «Siamo in presenza di candidature che sono state presentate, è un percorso che è stato avviato.

Ascolteremo le riflessioni che il partito farà in Emilia, poi decideremo con grande serenità e con la consapevolezza di avere persone, figure e storie da presentare ai cittadini emiliani di prima grandezza e di grande qualità». Sono in ribasso le quotazioni di Graziano Delrio come briscolone calato dall’alto e d’altronde il diretto interessato ha sempre smentito seccamente qualsiasi illazione in questo senso. «Non si può smentire ogni giorno sempre la stessa cosa» dicono dallo staff del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ex sindaco di Reggio Emilia.

A Matteo Richetti, l’altro candidato che si era ritirato aprendo la voragine nel Pd dell’Emilia Romagna, la Procura contesta poco più che a Bonaccini: 5500 euro di spese non inerenti con l’attività di consigliere regionale. Il suo legale ha più volte detto che il ritiro non era legato all’indagine e la tempistica che si è riusciti a ricostruire suggerirebbe che sia andata proprio così. Se Bonaccini ha saputo lunedì sera di essere indagato, Richetti lo ha saputo martedì e già lunedì sera aveva avvisato i fedelissimi della sua decisione.

Ieri ha diffuso un videomessaggio nel quale ha detto: «È stata una scelta che non è per l’obiettivo di una vaga unità del Pd ma uncontributo per semplificare il quadro per evitare strumentalizzazioni, per rafforzare il lavoro del Pd e per evitare che gli emiliano-romagnoli, che gli elettori del Pd fossero sottoposti ad ogni tipo di strumentalizzazione». Il fratello coltello renziano di Bonaccini che aveva sparigliato le carte candidandosi alle primarie si è poi ritirato in buon ordine. Tutto chiarito quindi? Bisognerà vedere come la prenderanno i vertici nazionali e quel Renzi che ha mal digerito finora quello che è successo in Emilia Romagna. La riunione della direzione nazionale spostata a martedì potrebbe anche vidimare la soluzione che arriva dal territorio.

Chi non è disposto a ritirarsi è Balzani che già di prima mattina aveva chiarito che lui in campo sarebbe rimasto a tutti i costi tanto da essere anche pronto a fare una lista contro il suo Pd se le primarie venissero annullate. «C’è una competizione in corso, penso che il partito debba rispettare le regole che si è dato, se non le rispetta succede un gran casino, è anche una questione legale, non solo politica».

Intanto, se dal centro destra non si batte un colpo, anche tra i grillini non si escludono future polemiche. L’inchieste sulle spese pazze ha toccato anche Andrea Defranceschi che dopo l’uscita di Giovanni Favia era rimasto l’unico consigliere del M5s e quindi capogruppo. Il fatto di essere indagato lo estromette automaticamente dalla possibilità di potersi candidare secondo le regole stabilite e rilanciate sul blog di Beppe Grillo. Defranceschi non aveva mai nascosto la volontà di volersi ricandidare ma si dovrà scontrare con questa realtà.