L’alleanza tra Pd e M5S si può fare, anche in Emilia-Romagna. Parola del governatore uscente in cerca di riconferma, il dem Stefano Bonaccini, che ha dato il suo via libera a un tavolo di confronto fra forze politiche che fino all’altro ieri erano acerrime nemiche. «Discutiamo di idee e partiamo dai contenuti», ha detto Bonaccini lanciando l’esca. Che difficilmente sarà raccolta nel brevissimo periodo. Perché la situazione in Emilia-Romagna è molto differente da quanto sta succedendo in Umbria, dove un accordo è stato trovato a partire da un nome civico.

IN EMILIA INVECE il candidato del Pd e del centrosinistra non è in discussione: Bonaccini è stato blindato domenica sera dallo stesso segretario Zingaretti, in visita a Bologna per la chiusura della Festa dell’Unità. L’apertura del governatore a un’alleanza tra Pd e 5 Stelle, fermo restando la sua ricandidatura, avrà eventualmente il tempo di concretizzarsi nei prossimi mesi, visto che in regione si voterà il 26 gennaio. E mal che vada servirà per corteggiare gli elettori grillini e mettere sotto pressione il Movimento.

Tanto dipenderà anche dal risultato del voto in Umbria, il 27 ottobre. E’ a quella data che guardano i 5S in Emilia-Romagna. Il ragionamento è semplice: se il test umbro darà buoni frutti si potrà pensare a una replica in salsa emiliana-romagnola. Altrimenti avversari come prima. Un ragionamento che potrebbe però essere sconvolto da scelte fatte a livello nazionale: la trattativa al momento si fa direttamente a Roma. Resta da capire come l’M5S potrà giustificare l’alleanza con un partito contro il quale si sono consumati anni di campagna elettorale. Sulla pagina facebook dei 5 Stelle emiliani romagnoli ci sono ancora gli slogan contro il governatore «del cemento e degli inceneritori», così come era dipinto Bonaccini fino a pochi mesi fa.

Ora però il Conte 2 potrebbe dare la spinta per un Bonaccini bis, a ruoli invertiti. In Emilia infatti l’azionista di minoranza della nuova ipotetica alleanza sarà il Movimento 5 Stelle, reduce da risultati modesti alle scorse tornate elettorali, (soprattutto se confrontati con i numeri nazionali) e alle prese con sondaggi disastrosi.

A SCALDARE I MOTORI è invece il Pd. Che mai come questa volta rischia di perdere la regione «rossa» per eccellenza. «Se è cambiata l’aria in Parlamento non è ancora cambiata nei mercati, la Lega ha sempre un seguito impressionante», ragionano i democratici che, sondaggi alla mano, vedono la coalizione di centrodestra (FdI, Forza Italia e Lega con candidata probabile Lucia Borgonzoni) a un soffio dal centrosinistra. Lunedì sera Bonaccini ha visto tutti i segretari provinciali e ha chiesto unità, uno sforzo sul programma (che ancora non c’è) e candidature in grado di dare spazio anche alle società civile. Accanto alla lista Pd ci sarà sicuramente una lista del Presidente, per intercettare voti di professionisti, imprenditori e sensibilità che altrimenti non premierebbero i dem, magari per dare spazio anche ai renziani di Italia Viva. Infine il Pd dovrebbe contare sugli alleati di sinistra: con certezza ci saranno Sinistra Italia e Art1 che potrebbero anche creare un contenitore unitario. Mentre i Verdi decideranno nel congresso regionale del 18 ottobre e chiedono al Pd discontinuità su cemento e grandi opere. Infine dovrebbe anche esserci l’Italia in Comune del sindaco di Parma Pizzarotti. La formula del «centro sinistra largo» in chiave anti-Salvini questa volta potrebbe davvero vedere la luce, e nella partita potrebbe entrare anche l’ex europarlamentare Elly Schlein.

Fuori dai due poli rimarrebbero i 5 Stelle, se alla fine dovessero scegliere di andare da soli, e Potere al Popolo, fieramente fuori dagli schemi con la sua candidata appena scelta, la 26 enne studentessa e lavoratrice precaria Marta Collot.