È sempre sorprendente la capacità di reazione del cinema statunitense di fronte al reale. Bombshell, cronaca quasi sul filo della diretta di una rivolta anti Trump nel cuore del fortino Repubblicano, ossia Fox News, guidata da una anchor woman irritata dai commenti misogini del candidato alla presidenza, dimostra come in fondo anche il cosiddetto cinema d’impegno attraversi delle curiose mutazioni. Con un cast di stelle di prima grandezza (Nicole Kidman, Margot Robbie, Charlize Theron), il film si presenta a misura di qualsiasi tappeto rosso e con un discorso filo #MeToo, anti-GOP e anti-Trump in assoluto sintonia con lo spirito dei tempi. I cinici più realisti del Re, ovviamente non vi vedono altro che un prostrarsi alle cosiddette mode culturali del momento, poco più che un opportunismo più o meno in linea con i trasformismi della Hollywood liberal. Ad osservare le cose con un minimo di astio in meno, si nota come in fondo il film di Jay Roach (al suo attivo gli Austin Powers e Brüno con Sacha Baron Cohen) sia in realtà riconducibile a un’idea di cinema liberal che aveva in Mike Nichols il suo alfiere.
I fatti sono reali, salvo i soliti accorgimenti per renderli cinematografici. La storia di Roger Ailes, interpretato da un impressionante John Lithgow, e delle sue molestie pure. Il mobbing subito da Gretchen Carlson e guidato via Twitter da Trump pure. Chi però si aspettasse un’arida ricostruzione simil procedural rischia di restare deluso. Roach costruisce un film glamorous che potrebbe essere proiettato sulle pareti di una gioielleria di Rodeo Drive.

IL MECCANISMO a orologeria, costruito con una sapienza degna d’altri tempi, e nonostante l’esito finale sia ampiamente noto (lo hanno riportato tutti i giornali e si può rinvenire nei meandri della rete), è implacabile e procede senza perdere colpi. A tratti sembra di vedere quasi un Pakula prima maniera in minore (si parva licet…) tanto gli effetti di montaggio e di racconto sono controllati con clinica precisione. E pur essendo un classico film a tesi, che chiaramente predica ai già convertiti (francamente non ce la vediamo la casalinga di St. Louis orgogliosa della sua colt cambiare idea dopo avere visto il film di Roach…), Bombshell evita le buche più dure della retorica affidandosi solo alla precisione di una messa in scena magari old school ma senz’altro impeccabile.

Basta tutto ciò a fare di Bombshell anche un buon film? La risposta non può che essere affermativa. Perché come spettacolo e intrattenimento funziona e – cosa assolutamente non secondaria – dichiara che non obbedire lo si può fare anche se sei nel cuore della destra più feroce e ti interpreta una diva del calibro di Nicole Kidman. Bombshell ci ricorda che a volte la disubbidienza è sexy e persino elegante, e veste non solo Prada ma conosce tutte le griffe dell’universo esplorato a menadito. Perché in fondo è un film – facile facile se si vuole – che si appella al fascino irresistibile della dignità e della resistenza.

ROACH dal canto suo, dalle commedie e farse dalla comicità dalla grana grossa, sembra essere passato nella categoria di un David O. Russell, ossia un cinema levigato che si concede però piccoli sussulti insurrezionali. E senza temere di offrirsi come un mero doppione della cronaca o del dibattito politico. A ben vedere Bombshell è la storia ben nota di uno scandalo che ha scosso alle fondamenta Fox News ma allo stesso tempo è anche un’altra storia: una storia di cinema. Un esempio di altro reale, al servizio di una resistenza – etica e spettacolare – assurta oggi al rango di prima necessità.