«Andare alla chitarra, on va à la guitar. Dalle nostre parti descriviamo così la fascinazione del popolo per la chitarra» dice Bombino, un’attitudine codificata in uno stile che nel Sahel si chiama «guitare Tuareg». Con Azel, (Partisan Records/Self) che in lingua tamasheq vuol dire, albero e radici e indica un concetto secondo cui la tradizione ramificandosi non si disperde, lo stile chitarristico Tuareg è espanso e amplificato da una varietà di timbri e ritmiche dinoccolate su lunghe note e lancinanti scale pentatoniche.

C’è del blues certo, nel quarto disco del prodigioso chitarrista del deserto, un blues dolente e pur sempre al servizio dell’indipendentismo tuareg capace di toccare corde profonde e di farsi capire ovunque. Per l’occasione Bombino approda per la seconda volta negli Usa su invito di un altro rocker, Dave Longstreth (Dirty Projectors) fulminato dal suo stile. Unico appunto: è poco accentuata la fusione con la ritmica in levare che affiora timidamente in Timtar e dunque quasi irrintracciabile il nuovo preannunciato stile tuareggae. Vorrà dire che lo cercheremo dal vivo, prima data italiana, 15 maggio per Fabbrica Europa (Firenze).