Nell’ultimo quinquennio Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti sono fra i maggiori importatori di armi nel mondo, rispettivamente col 13 e l’8 percento dell’intero export, entrambi allocati nell’area più attraente per i mercanti di morte, l’area MENA (Middle East and North Africa). L’Italia ha una posizione leader: in poco tempo passa da due miliardi di euro a 8,4 mld nel 2015 (+197% sul 2014), per compiere un altro balzo formidabile nel 2016 con l’86% in più sull’anno precedente e 15 mld di fatturato. L’area Mena assorbe il 59% di forniture offensive nostrane. E l’intensificazione dei conflitti nella zona riempie di giubilo l’industria militare: abbiamo ora un volume di affari per 7,7 miliardi col Kuwait (grazie a 28 aerei italiani modello Eurofighter Typhoon), seguito da Arabia Saudita, Qatar, Emirati, Bahrein. Tutti Paesi ampiamente liberticidi, che eludono il Diritto umanitario, e sono coinvolti nella guerra civile yemenita (accanto a Egitto, Marocco, Oman) tra coalizione sunnita a guida saudita e sciiti huthi. Questi dati li offre Maurizio Simoncelli dell’Archivio disarmo: “si parla anche di triangolazioni, ossia di parziali destinazioni finali alle parti in conflitto in Libia”. La prova del nostro diretto coinvolgimento viene in questi mesi “dal ritrovamento di resti di ordigni italiani nelle zone yemenite bombardate” aggiunge Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Disarmo. In tale quadro la situazione sanitaria -rileva Federica Nogarotto di Medici Senza Frontiere– vede esplodere epidemie di colera: “nei primi mesi 2017 i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità calcolano 150mila casi” .

Del conflitto “sporchissimo e oscuratissimo in atto nello Yemen da oltre due anni” ci racconta Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia in cui opera dal 1980. “Conflitto di cui non si parla, quindi si ignorano i crimini di guerra e gli attacchi indiscriminati contro obiettivi civili -centri abitati, scuole, mercati, moschee, ospedali- anche con bombe e armi italiane”. Amnesty ha iniziato una campagna informativa diffondendo un’immagine e due righe: “A togliere la vita a questi bambini potrebbero essere state bombe italiane vendute dal nostro governo alla coalizione saudita impegnata nel conflitto yemenita. Eppure i media sono indifferenti a questa crisi che ha provocato oltre 12.000 morti e feriti tra i civili. Non voltare lo sguardo anche tu.”

Conosco Noury da trent’anni: asciuttezza filiforme in uno sguardo vigile, severo e cordiale, nella permanente missione di denunciare delitti e abusi umani sugli umani: “si tratta di circa 20 milioni di persone -fra i quali tre milioni di sfollati- che hanno disperato bisogno di servizi elementari, acqua cibo medicine…, mentre gli aiuti umanitari vengono ostacolati e sono nettamente insufficienti. Il conto delle vittime civili -quasi 5.000 morti e più di 8.000 feriti- documenta che questa guerra viene combattuta soprattutto a loro discapito. Riguardo ai bambini il crimine è accresciuto dal fatto che vengono irretiti forzatamente a centinaia, sia dalla coalizione a guida saudita che dal regime huthi al potere nella Capitale Sana’a. Anche l’educazione è compromessa: due milioni di bambini non vanno più a scuola, il che li rende ulteriormente vulnerabili all’arruolamento”.

Le bombe italiane che massacrano bimbi e famiglie nei luoghi amati da Pier Paolo Pasolini sono prodotte nella fabbrica sarda di Domusnovas RWM Italia, con sede legale a Ghedi nel Bresciano e di proprietà dell’azienda tedesca Rheinmetall Defence; sostiene Arnaldo Scarpa del Comitato riconversione per la pace: “nel 2001 fu convertita da esplosivi a uso civile in esplosivi a uso militare con ingenti somme pubbliche e l’appoggio di alte cariche istituzionali. È inaccettabile che la vendita di armi sia sbandierata dal governo che ricatta l’opinione pubblica sul tema occupazionale, trasforma in argomento top secret la produzione reale, cela il numero di lavoratori effettivi che sono 86 gonfiandoli a 500: informazioni strumentali per imporre silenzio sulla fabbrica di morte”. Rincara la dose Nicoletta Dentico di Fondazione Finanza Etica: “La politica nazionale e internazionale straparla di ‘sviluppo sostenibile’, però la storia di Domusnovas ha potente valenza simbolica: per evitare seccature interne, i tedeschi hanno preferito delocalizzare in Italia, in un’area relativamente isolata. Un tempo su analoghi temi delicatissimi come le mine, era possibile incontrare il presidente del Consiglio Prodi, il quale si interessava alle mobilitazioni in atto: oggi è complicato incontrare il Capo del Governo, e la ministra Pinotti è sorda alle istanze che portiamo (non è la sola: in Europa c’è un pericoloso giro di donne ministre della Difesa). Stiamo violando la Costituzione, le leggi italiane, le norme internazionali”. E Alfredo Scognamiglio, del Movimento Focolari, lamenta: “Perché le istituzioni non rispondono ? Perché gli appelli di papa Francesco sono inascoltati? Noi, sulla scia di don Mazzolari e don Milani, chiediamo con forza: perché non si rispettano le leggi esistenti?, perché non si finanziano le riconversioni produttive?, perché abbiamo trasformato la conversione da civile a militare della Finmeccanica?… lo chiediamo a tutti, parlamentari e non”.

Ancora Riccardo: “Il conflitto armato nello Yemen è l’ennesima puntata dello scontro per la supremazia fra Iran e Arabia Saudita, nel quale Italia e Occidente fanno una scelta di campo precisa: nonostante il miglioramento dei rapporti diplomatici e commerciali con l’Iran sciita, noi abbiamo vincoli militari, politici e strategici coi sunniti guidati dai sauditi ritenuti moderati, il che significa ignorare tutti i loro crimini di guerra e vendergli armi a valanga. Così Trump ha concluso recenti affari bellici colossali coi sauditi, ma anche Obama ha contrattato quantità enormi. Occorre una pressione politica sulle due parti combattenti: è vero che i sauditi bombardano dal cielo, ma a terra gli huthi bloccano strade, sequestrano giornalisti, uccidono civili: non è un conflitto tra buoni e cattivi, ma tra cattivi e pessimi, in cui la prima condizione da imporre è la garanzia sulla destinazione degli aiuti umanitari. Parte da qui il risveglio della coscienza in ognuno. Invece l’Occidente cavalca i conflitti, l’Europa sorvola sui propri Trattati che regolano il commercio di armi, e l’Italia elude la legge 185 del 1990 che vieta l’esportazione di armi in aree di conflitto e gravi violazioni dei diritti umani”. Eppure l’articolo 11 della nostra Carta Costituzionale recita l’Italia ripudia la guerra. “Il Belpaese invia massicciamente armi ai peggiori, tipo l’Egitto (tre sparizioni al giorno, oltre mille l’anno), sia prima che dopo l’assassinio di Giulio Regeni”.

Infine: per l’edizione 2017 di Paris Plage, la sindaca Anne Hidalgo ha annullato la commessa di sabbia dal gruppo Lafarge, cementificio accusato di finanziare l’Isis tramite la sua affiliata siriana e di essere disponibile a costruire il muro fra Messico e USA. I nostri sindaci che vogliano indossare un fiore etico all’occhiello battano un colpo.