Il malumore era uscito in maniera chiara già nei giorni scorsi. A renderlo pubblico erano state le associazioni cattolice insieme a realtà importanti come la Fondazione Migrantes e la Comunità di Sant’Egidio, tutti concordi nel sottolineare come pericolosa e inadeguata qualsiasi ipotesi di intervento militare contro gli scafisti, ma anche nel chiedere all’Unione europea di farsi carico di un’operazione simile a Mare nostrum che tra i suoi obiettivi abbia la salvezza dei migranti e non solo il controllo delle frontiere. Dopo gli esiti del consiglio europeo di giovedì, che per quanto parziali confermano sia i disinteresse di Bruxelles a intervenire seriamente in soccorso delle decine di migliaia di profughi in fuga dall’Africa confermando invece gli scenari di guerra, la bocciatura più dura e autorevole alla strada nella quale il governo Renzi sta portando l’Europa è arrivata direttamente dal Vaticano, contrario soprattutto alla decisione di affondare i barconi dei trafficanti di uomini quando ancora si trovano nei porti libici.

«Bombardare in un Paese è un atto di guerra», ha detto il cardinale Antonio Maria Vegliò, «ministro» della Santa Sede per le migrazioni in una dichiarazione rilasciata all’agenzia Sir. «E poi a cosa mirano? Solo ai piccoli battelli dei migranti? Chi garantisce che quell’arma non uccida anche persone vicine, oltre a distruggere i barconi? E poi, anche se fossero distrutti tutti i battelli – ha proseguito monsignor Vegliò – il problema dei profughi in fuga da conflitti, peesecuzioni e miseria proseguirà ad esistere».

Nel mirino del Vaticano non ci sono però solo le ambizioni interventiste del governo italiano (ieri il ministro degli Interni Alfano è tornato a parlare della possibilità di bombardare i barconi), ma l’intera linea uscita dal vertice dei capi di Stato e di governo. «Non siamo soddisfatti di questo accordo», ha proseguito monsignor Vegliò, che pur riconoscendo che «qualcosa è stato fatto», come il rifinanziamento dell’operazione Triton, è convinto «che non si risolve così il problema». «Servirebbe un programma a lungo termine, una politica delle migrazioni seria», ha aggiunto. E infine la critica all’«egoismo» della Gran Bretagna che ha assicurato mezzi e soldi ma non è disponibile ad accogliere profughi nel proprio territorio. «Tutti sono disposti a dare soldi – è il commento del cardinale – basta che non vengano a disturbare nel proprio paese».

E’ dunque una bocciatura totale e senza appello quella che arriva da Oltretevere. A rincarare la dose ci pensa l’Osservatore romano, per il quale «l’Ue ha perso l’occasione per comprendere fino in fondo che la tragedia legata alle migrazioni mette in gioco la sua autorità morale e politica e i principi di solidarietà su cui è fondata», mentre per la Fondazione Migrantes «dal vertice europeo esce l’Europa dei nazionalismi», mentre «è rimandata la costruzione di dell’Europa sociale e solidale». L’unica apertura arriva dalle parole diplomatiche del segretario di Stato Pietro Parolin, per il quale «la strada intrapresa dall’Unione europea è quella giusta, ma deve continuare con il coinvolgimento di tutti i Paesi» .

Critiche della Chiesa a parte, le questioni importanti che riguardano l’emergenza immigrazione sono ancora tute sul tavole. Sì, Frontex verrà rifinanziata e potrà contare su 120 milioni di euro l’anno contro gli attuale 36, e altri 16 milioni di euro all’anno sono stati destinata a Poseidon, l’altra missione europea. Ma tutto qui quello che i 28 capi di stato e di governo sono riusciti a fare concretamente. Le azioni contro gli scafisti restano ancora da una parte a un mandato dell’Onu che tarderà ad arrivare e dall’altra dalle troppe incertezze tecniche e politiche che circondano un intervevent militare. Da aggiungere che il dramma di cui è rimasto vittima il cooperante italiano Giovanni Lo Porto, insieme alla decisione del presidente Usa Barack Obama di rivedere l’uso dei droni, mette fortemente in dubbio anche la possibilità di impiegare gli aerei s controllo remoto. Possibilità in realtà mai esistita veramente, nonostante gli annunci del governo, visto che i droni in possesso al nostro Paese non sono armati e che farlo richiederebbe mesi di tempo.

L’altro, vero grande problema che resta sul tavolo è quello di una più equa spartizione dei profughi e della possibilità di mettere mano al regolamento di Dublino III. E su questo si comincerà a discutere mercoledì prossimo al parlamento europeo. Con scarse possibilità di successo.