Anche la Tunisia precipita nello stato d’eccezione e nel panico da terrorismo. È stato il volto teso del presidente della Repubblica, Béji Caïd Essebsi, apparso in tv a reti unificate alle otto e mezzo della sera a dare il senso di passo, dopo il sanguinoso attentato che solo tre ore e mezzo prima ha colpito le sue truppe scelte. Un autobus della guardia presidenziale è stato distrutto da un attentato nel cuore di Tunisi: 12 morti e 20 feriti il bilancio ufficiale, probabilmente ancora provvisorio.

L’autobus era fermo davanti alla vecchia sede del partito Rcd al potere durante il regime di Ben Ali, il presidente cacciato a furor di popolo dalla cosiddetta Rivoluzione dei gelsomini che dette l’avvio all’ondata di rivendicazioni democratiche in Medioriente nel 2011.

Lo stabile è ora abbandonato, una sorta di monumento all’abbandono di una storia passata con la messa al bando e lo scioglimento dell’Rcd. Ma è sempre lì, nella centralissima avenue Mohamed V, che incrocia a pochi metri di distanza avenue Bourghiba, teatro delle manifestazioni rivoluzionarie al grido di «Degage», vattene, davanti a quel monumento al passato, che tutte le sere alla stessa ora si procedeva al cambio della guardia.

Ed è lì nell’ora di punta che ieri il pullmino è saltato in aria. Pioveva, a Tunisi, e il centro era intasato di auto e gente. «C’era un clima festono in questi giorni – dice al telefono Debora Del Pistoia, cooperante dell’ong Cospe che lavora a un isolato di distanza dal luogo dell’agguato – perché è in corso il Festival du cinéma de Cartage e la città stava vivendo un momento magico, con tanti appuntamenti, proiezioni, una voglia di uscire e stare insieme in netta contro tendenza rispetto a ciò che sta succedendo a Parigi o nelle capitali europee». Un clima che si è brutalmente interrotto alle 5 della sera.

La città è precipitata in una sorta di coprifuoco immediato, poi istituito in via ufficiale dalle 21 alle 5 insieme allo stato d’emergenza per 30 giorni. La polizia ha blindato avenue Mohamed V, non facendo passare neanche i giornalisti, poi ha iniziato ad evacuare caffè all’aperto e assembramenti di più di quattro persone, dando disposizioni ai passanti di tornarsene a casa e agli impiegati di rimanere in ufficio fino alla fine del blocco del centro, «cioè presumibilmente – continua Debora – finché non saranno finiti controlli e retate».

Il sindacato Ugtt, condannando duramente l’attentato, ha annullato lo sciopero nel settore privato proclamato per oggi, sospeso le trattative con la controparte confindustriale e tutte le manifestazioni nell’area metropolitana. Intanto il premier tunisino Habib Essid e il ministro dell’Interno, Najem Gharsalli, si sono recati sul luogo dell’attentato, ancora percorso da un via vai di ambulanze a sirene spiegate.

Su Twitter il portavoce del presidente, Firas Guefrech, ha descritto ciò che aveva davanti agli occhi come «una scena di guerra, con neanche una foto pubblicabile». Un testimone intervistato dall’agenzia France Press ha raccontato di aver sentito il boato di una forte esplosione e poi di aver visto il bus in fiamme. Al momento la polizia non ha ancora stabilito neanche se l’ordigno sia stato piazzato dentro al veicolo o lanciato dall’esterno, tanto meno è chiaro se ci sia stato un kamikaze infiltrato tra gli agenti o comando a distanza.

Il capo dello Stato Essebsi ha sospeso la visita di Stato che avrebbe dovuto compiere oggi in Svizzera per siglare accordi bilaterali di cooperazione e si è presentato sugli schermi televisivi per segnalare la nuova minaccia terroristica e lo spettro di implosione del paese, con un’appello all’unità politica e alla tregua sociale.

Ciò che è chiaro è che dopo gli attentati contro i turisti al museo del Bardo e all’hotel di Sousse di quest’estate, ora sono le istituzioni democratiche tunisine nel mirino. Solo tre giorni fa il ministero dell’Interno aveva comunicato un piano terroristico per assassinare l’ex presidente «della rivoluzione», legato ai primi vincitori, gli islamisti moderati, poi sconfitti nelle urne: Moncef Marzouki. Ma lui aveva rifiutato la scorta.