Una bomba atomica non solo su giornali non profit e in cooperativa ma anche su radio e tv locali.

Non può essere definito altrimenti l’emendamento alla legge di bilancio presentato dal deputato 5Stelle Adriano Varrica, fedelissimo di Di Maio in Sicilia e membro della commissione Ambiente.

L’«emendamento Varrica» taglia del 90% i contributi pubblici alla stampa e alle radio-tv locali subito, dal 1 gennaio 2019, con l’aggiunta di un tetto assoluto di 500mila euro per cancellare poi ogni sostegno a partire dal 2020.

Un azzeramento che non ha nulla di graduale e che significherebbe la chiusura immediata di centinaia di voci dell’informazione.

Il tema del pluralismo è delicatissimo.

Lo stesso presidente della Repubblica è dovuto intervenire addirittura 6 volte nelle ultime settimane per difendere la libertà di informazione soprattutto delle minoranze, linguistiche ma anche culturali.

Sulla stessa linea è intervenuta martedì la presidente del senato Casellati.

Insieme alle due prime cariche dello stato hanno lanciato l’allarme anche la Fnsi e l’ordine dei giornalisti. Da giorni il Pd e Forza Italia si sgolano nel denunciare la sguaiata tagliola pentastellata. «Questo emendamento – spiega il senatore Rampi del Pd – produrrebbe un migliaio di disoccupati e la chiusura di centinaia di voci libere nella piccola stampa locale».

Se le opposizioni sono sul piede di guerra, il Carroccio resta guardingo.

«Sui numeri penso si debba usare serietà nel presentare testi avventati, perché di mezzo ci sono persone, redazioni e aziende che meritano rispetto. Sparare numeri a caso rischia di far fare una pessima figura a una forza di governo», avverte ancora una volta il deputato leghista Alessandro Morelli.

La Lega esclude tagli alle testate locali e alle minoranze linguistiche (slovena in primis) ma non sembra pronta a salire sulle barricate per il sostegno del pluralismo in generale e per i giornali nazionali in particolare.

Non a caso la «bomba» firmata Varrica è finita tra i 750 emendamenti cosiddetti «segnalati» alla manovra, quelle modifiche cioè che la settimana prossima saranno davvero oggetto di discussione in commissione Bilancio tra le migliaia presentate. Segno che la materia editoria sarà affrontata e, probabilmente, «risolta» con un emendamento della maggioranza o del governo.

La tagliola immaginata dai 5 Stelle è ormai pronta a scattare. Anticipata a grandi linee dal Sole 24 Ore del 3 novembre scorso, la norma finale potrebbe portare al paradosso del mantenimento del «fondo per il pluralismo» polverizzandolo però in una miriade di soggetti di ogni tipo, non solo su testate riconosciute ma anche su «progetti finalizzati a diffondere la cultura della libera informazione».

Mance e mancette di ogni tipo incluse. Con un effetto divide et impera sul mondo dell’informazione in cui il governo avrà ancora più mano libera di oggi.