«Ci tocca andare dal bonapartino, l’assessore è lui e ci dirà se tarda ancora tanto a darci i contributi previsti per il teatro». Viene affettuosamente così chiamato, con una punta di ironia, Christian Tommasini l’assessore alla cultura di lingua italiana e vicepresidente della Giunta della Provincia speciale autonoma di Bolzano. A uno che ha un titolo così lungo l’epiteto di bonapartino si addice.

Ma noi veramente glielo abbiamo affibbiato per un’altra ragione. Ed é che, quando riceve qualcuno continua bellamente a sbrigare la sua corrispondenza. Ho pensato che voglia imitare Napoleone, del quale si narra che dettasse ben quattro messaggi per volta a quattro scrivani schierati davanti a lui. Ma non lo faceva mai in pubblico, perché considerava – non a torto- un atteggiamento alquanto offensivo sbrigare propri affari mentre si riceve per proprio ufficio pubblico una o più persone. Chi l’avrebbe mai detto che Napoleone fosse così beneducato? Eppure risulta e sarà il caso di far arrivare la notizia al Nostro, sicché si adegui. Per ora ce lo teniamo così.

Ci riceve dunque, e mentre scartabella la propria posta ci guarda un po’ attonito e come stupito e poi ci manda dal suo caporipartizione, un alto funzionario dall’altissimo potere. Noi per la verità gli avevamo appena detto che il succitato funzionario ci ha mandato da lui: si vede che si distrae o che la sua idea di poter facilmente imitare Napoleone non è del tutto fondata. Ripetiamo, ci riguarda, si ripete e ci rinvia al funzionario.

Il quale ha una interpretazione tutta sua del proprio potere, da quando la legge fa i funzionari responsabili in solido degli eventuali danni alle finanze provinciali derivanti da propri errori disattenzioni distrazione o -peggio- connivenza o corruzione. Ma albergano pure qui queste brutte inclinazioni? meno che altrove, con minore frequenza, ma insomma la snazionalizzazione politica fascista condotta verso i sudtirolesi di lingua tedesca per tutto il ventennio incomincia a dare i suoi frutti e anche qualche Sudtiroler si italianizza nel peggior senso, e di tante buone e belle cose italiane che ci sono prende ad esempio le peggiori. «La cattiva moneta scaccia quella buona», una massima che va bene anche qui e persino di là dal Brennero, se si guarda alle recenti presidenziali austriache.

Ma torniamo al nostro funzionario che usa una lettura riassuntiva della legge ed evidentemente reputa che non potrà cadere sotto i rigori della legge se la politica culturale la fa direttamente lui e così sa che cosa è lecito.

Ciò non gli spetta, ma se questo è l’andazzo, a cominciare da un ex presidente della Repubblica che ha agito personalmente per avviare un mutamento della forma repubblicana, perché mai lui non potrebbe decidere quali spettacoli e quali generi vanno bene e non susciteranno né curiosità né dibattito né inchieste?

Il guaio è che si rischierebbe non solo di essere sottoposti a una censura preventiva del tutto anticostituzionale, ma di essere pure noiosi e di non interessare nemmeno il pubblico, che ama – almeno il nostro-spettacoli stuzzicanti, creativi, avventurosi. Perché mai deve finire tutto nella noia? È dovuto per legge? Ma la cultura non deve essere capace di interessare far muovere discutere e scuotere?

Noi per la nostra associazione «La Comune» abbiamo scelto ormai da 45 anni di presentare soprattutto testi di Arte del far ridere, non di far annoiare, prendendo ad esempio nientepopodimeno che Aristofane, capace di irridere persino Socrate o di ripudiare la guerra attraverso lo sciopero del letto da parte delle donne organizzate da quella famosa Disfattista, che era appunto Lisistrata (il nome greco significa proprio: colei che disfa gli eserciti).

Bravi i Greci! E perché dovremmo invece imitare i moralisti che fanno venire il latte alle ginocchia? Mah, misteri della politica dell’assessore bonapartino Contro la cultura (sarà il caso di fare una interpellanza per modificare così il titolo dell’assessorato). Non mancheremo di provarci