Una piramide che poggia su basi meno solide di quanto si possa pensare. L’opulento e vincente calcio inglese non più tardi dell’estate scorsa ha mostrato qualche preoccupante segno di cedimento, culminato nel fallimento del Bury FC e nel salvataggio all’ultimo minuto del Bolton Wanderers. Due squadre di terza divisione (ora nominata League One), entrambe del Lancashire, una delle regioni dove il Beautiful Game ha attecchito di più e terra degli attuali campioni d’Inghilterra (Manchester City) e dei detentori della Champions League (Liverpool).

A campionato già iniziato, il Bury, club fondato nel 1885, è stata la prima compagine espulsa dalle leghe professionistiche dal 1992 (quell’anno a scomparire furono il Maidstone e l’Aldershot), quando però la cornucopia di milioni di sterline di cui ha beneficiato il football d’oltremanica era ancora di là da venire. Nonostante fosse appena salita di categoria, la società biancoblu è affogata nei debiti e soprattutto non è riuscita a trovare un nuovo compratore capace di assicurare stabilità finanziaria.
Stessa sorte sembrava potesse toccare al Bolton, team di ancora più alto profilo in quanto membro fondatore della lega, tra le 12 formazioni ai nastri di partenza del primo campionato inglese nel 1888, vincitore di quattro coppe d’Inghilterra e non più tardi del 2012 ancora tra le 20 fortunate a competere in Premier League.

I Wanderers, inoltre, contano su uno stadio da quasi trentamila posti con tanto di annesso hotel a quattro stelle, il tutto nella periferia di Bolton. Allo University of Bolton Stadium – una delle tre denominazioni da quando fu inaugurato nel 1997, sempre per ragioni legate ai naming rights – abbiamo assistito a un combattuto match contro l’Oxford United in una mite serata pochi giorni dopo lo scampato pericolo.
E che la paura fosse stata tanta si capiva dalla voglia di stare vicino alla squadra dei 10mila presenti. Dai ragazzini agli anziani abbonati da oltre 50 anni, il tifo è stato incessante per tutti i 90 minuti. «Ci stavano portando via uno degli elementi di maggiore aggregazione della nostra comunità, tutto per colpa dei biechi interessi dei vecchi proprietari» mi ha detto in coro un gruppo di tifosi radunati sotto la statua di un grande del passato, l’attaccante Nat Lofthouse.

Un concetto simile lo aveva espresso anche Ivan Lewis, deputato eletto nella circoscrizione di Bury, che per salvare il club della sua cittadina aveva chiesto un aiuto ai giganti della Premier, segnatamente alle due squadre di Manchester, City e United. Senza successo.

Ora val la pena chiarire che la Football League, della quale fa parte il Bolton ed era membro il Bury, è staccata dalla Premier League e gestisce le altre tre categorie professionistiche del calcio inglese, però è indubbio che un «effetto sgocciolamento» dai piani alti, quanto meno per evitare un così spiacevole corto circuito nel sistema, sia pressoché assente.

Eppure la Premier è la lega più ricca del pianeta, con entrate annuali nell’ordine dei 5,4 miliardi di euro. Occupare una delle 20 caselle del massimo campionato inglese è cosa sempre più ambita, tanto che per comprare le squadre delle categorie inferiori c’è la fila. Ma non sempre gli imprenditori, stranieri o britannici che siano, sono affidabili. La vicenda del Bolton, ma nel recente passato si contano almeno una decine di casi simili, dimostra che i controlli da parte della Football League lasciano molto a desiderare.

Tutto a scapito della passione dei tifosi, che specialmente da queste parti non abbandonano mai le loro squadre, anche se la situazione è disperata. Il Bolton ha iniziato il campionato schierando di fatto la squadra primavera e con una penalizzazione di 12 punti per essere entrato in amministrazione controllata. «Certo, meglio retrocedere in quarta serie che sparire, ma io spero ancora nel miracolo», ci spiega il nostro vicino di posto, un arzillo ultra-settantenne che forse il grande Nat Lofthouse lo aveva visto giocare dal vivo. Per adesso si accontenta di un sofferto 0-0, accolto da tutti con lo stesso entusiasmo di una affermazione in una finale di Champions League.