Nella buona e nella cattiva sorte, come ogni amore che si rispetti. Così, mentre da ogni parte del mondo è giunta la condanna per l’assalto al Congresso Usa da parte di sostenitori di Trump, Bolsonaro non ha avuto esitazioni nella difesa del suo idolo: «Ho seguito tutto quello che è successo, sapete che sono legato a Trump. Ci sono state tuttavia molte denunce di frode, molte denunce», ha dichiarato a un gruppo di simpatizzanti di fronte al Palacio da Alvorada. E, per legare ancor più strettamente la sua sorte a quella del presidente uscente degli Stati uniti, ha aggiunto che anche la sua elezione, nel 2018, «è stata oggetto di frode»: «avrei dovuto vincere al primo turno».

C’è, però, chi è andato anche oltre, minacciando neanche troppo velatamente di ricorrere agli stessi mezzi in caso di sconfitta alle presidenziali del 2022. In un tweet poi cancellato, il deputato di estrema destra Daniel Silveira, già distintosi per essersi trionfalmente mostrato in foto con la targa spezzata in due della via intitolata a Marielle Franco a Rio de Janeiro, ha infatti difeso con vigore l’invasione del Campidoglio, aggiungendo: «Perdere in una competizione va bene, ma per opera di fannulloni e ladri no!».

E sempre ispirandosi all’assalto al Congresso Usa, gruppi di estremisti hanno cominciato a organizzarsi via WhatsApp per impedire che ad assumere da qui a un mese la presidenza di Camera e Senato siano «candidati comunisti». Come sarebbe, a loro giudizio, il candidato sostenuto dall’opposizione (Pt compreso) Baleia Rossi, vicino al golpista Michel Temer: quanto di più lontano dal comunismo sia possibile immaginare.

Cresce intanto, finalmente, il tasso di disapprovazione nei confronti di Bolsonaro, passato in sole due settimane dal 46% al 52% e destinato sicuramente ad aumentare con la già annunciata fine del sussidio di emergenza concesso dal governo a 68 milioni di persone di basso reddito per far fronte alla – peraltro ancora galoppante – pandemia. Né aiuteranno a frenare la caduta di consensi i ritardi sempre più allarmanti nella campagna di vaccinazione (con tanto di decisione del presidente di sospendere l’acquisto di siringhe perché considerate troppo care). Per non parlare della sua ultima sconcertante ammissione di impotenza: «Il Brasile è a pezzi. Io non posso fare niente», ha detto ai suoi sostenitori, scatenando sulle reti sociali un’ondata di inviti a dimettersi.