L’educazione è già terreno di scontro tra vincitori e vinti, in Brasile. Grazie all’iniziativa di una neo eletta alle legislative del 7 ottobre nelle file del Partito social liberale, lo stesso del neo presidente Jair Bolsonaro. Ana Caroline Campagnolo ha incitato gli studenti a denunciare i professori critici rispetto all’esito elettorale, girando dei video durante le lezioni e postandoli su un apposito canale web. Pura intimidazione, completa di gogna.

L’idea è parte integrante del progetto con cui i bolsoneros vorrebbero imbrigliare il libero pensiero negli istituti di ogni ordine e grado: Escola Sem Partido (Scuola senza partito) ha già generato un movimento di resistenza studentesco, Escola Sem Mordaça (Scuola senza bavaglio) e la reazione ministeriale, sia a livello federale che locale (Campagnolo è stata eletta nello stato di Santa Catarina). Bocciatura secca per l’impianto stesso, la «concezione pedagogica» del progetto, che minerebbe le fondamenta di «libertà e pluralismo» del sistema educativo brasiliano.

Bolsonaro intanto gioca con le figurine della sua squadra di governo, senza lasciare troppo spazio alla fantasia. Alla Giustizia vuole il giudice Sergio Moro, titolare dell’inchiesta anti corruzione Lava Jato, artefice dell’accanimento giudiziario contro l’ex presidente Lula e della sua discesa agli inferi. In alternativa avrebbe un posto riservato alla Corte suprema, ma a lui non dispiacerebbe la prima ipotesi perché, fa sapere con involontaria ironia, sarebbe una risposta a chi teme che in Brasile sia in pericolo lo Stato di Diritto. Nel caso finirebbe per sedere accanto a diversi indagati, a cominciare dal superministro dell’Economia Paulo Guedes.

In materia di diritti, l’omofobia compulsiva del presidente che s’insedierà al palazzo del Planalto il prossimo 1° gennaio ha tolto da tempo il sonno alle coppie gay in procinto di sposarsi. Le associazioni Lgbt raccomandano di “affrettarsi”: diritti garantiti pienamente fino al 31 dicembre, poi chissà.

In questo contesto i militari, rasserenati dalla piega presa dagli eventi, sembra che giochino a fare la parte dei “poliziotti buoni”. Ieri il generale Augusto Heleno, futuro ministro della Difesa, ha smentito le indiscrezioni del quotidiano Folha de Sao Paulo sull’esistenza di un piano congiunto con la Colombia per un intervento militare in Venezuela. «Lo impedisce la Costituzione», ha detto. Finché dura. m.bo.