Bologna ultimo vero fortino del Pd in Emilia-Romagna. Se il 5 marzo la Regione si è svegliata di un altro colore, a restare saldamente in mano al centrosinistra è stata la provincia bolognese. Un’isola democratica in un mare azzurro-Salvini e giallo-M5S. Il dato migliore nella ricca città di Bologna, più che un’isola una bolla dove la già dimenticata lista +Europa di Emma Bonino ha sfiorato il 6% e dove Liberi e Uguali ha doppiato il (misero) dato nazionale, raggiungendo quasi il 9% con il suo candidato di punta Vasco Errani. Il paradosso è che, dove si è dimostrato più forte, il Pd per effetto della legge elettorale e del gioco delle alleanze ha dovuto cedere collegi sicuri ad alleati non proprio in linea con il sentire degli elettori. Parliamo ad esempio di Pier Ferdinando Casini, centrista doc che pochi giorni dopo il voto ha ringraziato chi l’ha sostenuto e ha subito ricordato le sue «radici cristiane». Un colpaccio riuscito non solo a Casini, ma anche all’ex berlusconiana Beatrice Lorenzin a Modena, sempre grazie ai voti dei dem. Casini in parlamento con l’appoggio dei democratici, fuori (perché escluso dalle candidature tra le proteste della comunità lgbt) l’ex senatore Sergio Lo Giudice, campione della legge sulle unioni civili che ora tornerà a insegnare al liceo. «Altre batoste vanno messe in conto se non riusciremo a dare una prospettiva di futuro puntando alla lotta sulle diseguaglianze», ha commentato.
Non solo lui è rimasto fuori dal parlamento. A Bologna il Pd ha fatto eleggere unicamente uomini, perdendo per strada la rappresentanza femminile. Nella notte della candidature «il Pd è stato capace di dissipare tutto il lavoro delle nostre parlamentari», diceva prima del voto la coordinatrice della Conferenza Donne Pd Emilia-Romagna Lucia Bongarzone. Al netto di candidature nazionali è finita su Bologna con 4 parlamentari eletti alla Camera, tutti uomini. Un dato di genere che ha fatto arrabbiare più di una democratica. Così come ci sono state molte perplessità nella scelta del segretario del Pd di Bologna Francesco Critelli di candidarsi in un collegio sicuro, lui che ha anche gestito le candidature dei suoi. Arbitro e giocatore nello stessa partita. Ora Critelli sembra intenzionato a mantenere il doppio ruolo di segretario e deputato. Come farà a risollevare il partito (in 5 anni in città il Pd ha perso 40 mila voti) è una domanda che molti si sono fatti, ma gli equilibri interni al momento danno ragione al doppio lavoro.

La reazione dopo la batosta? Inseguire la Lega e concentrarsi sulla questione sicurezza. Il dem Andrea De Maria appena rieletto alla Camera ha promesso di reintrodurre la carcerazione per lo spaccio in strada. Se a livello regionale il Pd è impegnato in una battaglia sotterranea che ruota attorno all’assessorato alla sanità, sotto le Due Torri invece, messa per il momento da parte la richieste di riaprire un centro di espulsione per migranti, il dibattito è di colpo esploso attorno alle nuovissime panchine anti clochard apparse nella stazione dei bus. «Pensavamo fossero un prodotto tipico del nordest intollerante oppure delle metropoli incattivite, invece la paura genera esclusione anche a Bologna». La presa di parola è arrivata dal giornale di strada Piazza Grande, da sempre voce autorevole a favore degli ultimi e dei senza fissa dimora. A dire «no» anche l’arcivescovo Matteo Zuppi. Il sindaco Merola, che pochi mesi fa aveva difeso i Daspo contro i senza casa che dormivano sotto i portici, questa volta si è affrettato a spiegare che le nuove panchine servono solo per fare stare più comodi gli anziani, nulla di più.