«Dove la trovate una città così?», è stata la domanda che è sorta spontanea al sindaco di Bologna Virginio Merola dal palco antistante il piazzale della stazione, gremito. Una città dove dopo 39 anni le persone «si ritrovano sempre più numerose a ribadire il proprio senso civico, la solidarietà e la volontà di giustizia, dove la trovate? Questo siamo noi bolognesi, questo diciamo con i fatti ogni anno». E questo è accaduto anche ieri, nella giornata delle commemorazioni della strage fascista che il 2 agosto 1980 fece saltare in aria la sala d’aspetto di seconda classe della stazione, uccidendo 85 persone e ferendone oltre 200. Un attentato per il quale sono stati condannati in via definitiva gli ex militanti neri dei Nuclei armati rivoluzionari Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, quali esecutori materiali, ma di cui ancora non si conoscono i nomi dei mandanti.

MENTRE LA CITTÀ si svegliava tra le 6 e le 8 del mattina, arrivavano a destinazione le staffette podistiche “Per non dimenticare” giunte da tutta Italia. Poi i familiari delle vittime delle stragi e del terrorismo, che come da tradizione hanno aperto la giornata incontrando le autorità nel palazzo del Comune. Accolta tra loro, una presenza particolarmente sentita: quella di un uomo che non era mai più ritornato in città dal giorno dell’attentato. Lui si chiama Horst Mäder e alle 10.25 perse la moglie e due dei suoi figli, Kai e Eckhart, i cui nomi sono ancora oggi incisi in un ceppo che ricorda i sette bambini vittime della strage. A tutti loro è andato il ringraziamento del Guardasigilli Bonafede: «La mia presenza qui è doverosa e non è niente di speciale”, ha detto. «È speciale invece il fatto che voi mi permettiate di essere qui nonostante la negligenza decennale dello Stato».

LA MEZZ’ORA CHE TRASCORRE nella sala del Consiglio comunale è anche l’occasione per fare il punto sull’avanzamento delle attività giudiziarie. «Il momento che stiamo attraversando dà speranza per il raggiungimento della verità», ha affermato il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime Paolo Bolognesi. Quest’anno infatti le piste aperte erano due: il processo a carico dell’ex terrorista nero Gilberto Cavallini, accusato di concorso in strage, e l’inchiesta aperta dalla Procura generale sui mandanti, ancora ignoti, nella quale risultano iscritti nel registro degli indagati i nomi dell’ex generale dei servizi segreti ed ex capo del Sisde di Padova Quintino Spella, accusato di depistaggio, e di Paolo Bellini, primula nera e informatore dei servizi, sospettato di concorso. Ed è proprio avvicinandosi alla verità che, come ha avvertito Bolognesi, c’è chi torna a riproporre la «pista palestinese, un tentativo di deviare l’opinione pubblica dall’indagine sui mandanti, è un depistaggio fatto ad arte».

Dopo gli interventi nella sala del Consiglio, tra cui quelli della vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni del Movimento 5 Stelle e del presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, ha sfilato il corteo che ha attraversato il centro della città fino ad arrivare al piazzale antistante la stazione centrale. «Arrivare ai mandanti è possibile», è intervenuto ancora il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime Paolo Bolognesi. «Basta volerlo, occorre che ci sia la volontà di farlo. E questa volontà adesso c’è». Il riferimento è sempre all’inchiesta sui mandanti, che anche nell’auspicio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella dovrà far luce sulle zone d’ombra che ancora celano le verità sulla strage.

QUEST’ANNO LA LETTURA della lettera del presidente Mattarella è stata affidata al regista Matteo Belli, che sta curando da tre anni a questa parte gli spettacoli nei quali vengono raccontate le memorie dei familiari, dei feriti e delle vittime. «Le istituzioni, grazie all’opera meritoria dei suoi uomini, sono riuscite a definire una verità giudiziaria, giungendo alla condanna degli esecutori e portando alla luce la matrice neofascista dei terroristi. L’impegno profuso non è riuscito, tuttavia, a eliminare le zone d’ombra che persistono sugli ideatori dell’attentato. È una verità che dovrà essere interamente conquistata, per rendere completa l’affermazione della giustizia”, ha riportato al termine delle celebrazioni.

POCO PRIMA, ALLO SCOCCARE delle 10.25, il minuto di silenzio nel momento dello scoppio della bomba. Un silenzio che sembra eterno, che consegna una città apparentemente svuotata. Ma così non è, e lo conferma la partecipazione che quest’anno è parsa maggiore rispetto a quelli passati. Dopo quei 60 secondi la parola è spettata ancora al sindaco Merola: «Noi non vogliamo più essere l’eccezione. Ci piacerebbe che l’impegno che qui mettiamo per la ricerca di verità e giustizia fosse la regola in tutta Italia», ha concluso, rinvolgendosi al ministro della Giustizia Bonafede e alla vicepresidente Spadoni.