Un protocollo per molti versi innovativo, e che corregge diverse storture introdotte dal Jobs Act. Lo ha firmato il Comune di Bologna con i sindacati confederali e diverse associazioni di impresa, e riguarda le gare di appalto che verranno bandite a partire dal gennaio 2016 e per i successivi tre anni. Si fanno propri numerosi principi portati avanti dalle campagne di Libera di Don Ciotti e Cgil, come ad esempio la trasparenza nella filiera dei lavori, l’esclusione del massimo ribasso, la garanzia della clausola sociale. Per questo la Cgil bolognese ha parlato di punti che «neutralizzano il Jobs Act».

Viene anche formulato un intento, tra gli obiettivi generali: quello di garantire «il mantenimento dei diritti e delle condizioni retributive di provenienza dei lavoratori in caso di cambio di soggetto affidatario». La stessa Cgil aveva più volte lamentato il fatto che dopo l’entrata in vigore del Jobs Act, nei cambi di appalto il lavoratore è destinato a perdere l’articolo 18, venendo riassunto con il contratto a tutele crescenti: ebbene, le imprese che lavorano in appalto per il Comune di Bologna hanno accettato, perlomeno come obiettivo, di conservare in futuro questo diritto, ma – specifica il verbale di intesa – «compatibilmente con le condizioni economiche della gara di appalto».

Una tutela mantenuta nei cambi di appalto, come detto, e non è certo poco: ma non si è ricostituito il diritto all’articolo 18 per nuovi ipotetici assunti che non provengono da precedenti appalti, come poteva sembrare di capire da alcuni resoconti stampa di ieri.

Vediamo quindi nel dettaglio alcuni punti dell’accordo: tra gli obiettivi, si cita quello di «utilizzare, prioritariamente nelle commesse di lavori e sempre in quelle di servizi, il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per qualificare sia la domanda pubblica sia l’offerta espressa dalle imprese per valorizzare la concorrenza tra le imprese qualificate». Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa riserva al prezzo finale un minor peso, nella valutazione, rispetto al massimo ribasso.

Inoltre, altro obiettivo è quello di «tutelare il rispetto integrale dei contratti collettivi nazionali e locali».

Ancora, il Comune si impegna a considerare nelle gare il possesso del rating di legalità rilasciato dall’Agenzia contro la corruzione guidata da Raffaele Cantone. E renderà più visibile l’intera filiera delle gare, realizzando una piattaforma informativa in cui sarà possibile accedere a una mappatura aggiornata delle concessioni in essere.

Un «curriculum di reputazione» premierà le imprese più virtuose.

Infine la cosiddetta «clausola sociale», ovvero la garanzia per i dipendenti di un’impresa di appalto a mantenere il posto in caso di affidamento a un altro soggetto: «Il Comune di Bologna – si legge nel protocollo – si impegna a inserire, quale condizione di esecuzione dell’appalto, nei bandi di gara di affidamento dei servizi da riaffidare, la clausola sociale di salvaguardia di riassorbimento di manodopera per la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici». In più, il Comune di Bologna «si impegna a inserire nei bandi di gara anche la clausola per l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate».

«È stata accolta la proposta che avevo lanciato alla manifestazione di don Luigi Ciotti, ora vogliamo estenderlo anche agli altri Comuni della città metropolitana», ha spiegato il sindaco, Virginio Merola.

Per Sonia Sovilla (Cgil) «il tema non è abbassare i diritti e le tutele di chi, tra l’altro, ne ha sempre avuti molto pochi, ma quello di creare buona e stabile occupazione». Per Alessandro Alberani (Cisl) «l’accordo garantisce una clausola che nel Jobs Act non c’è».