L’esito del referendum sulle scuole materne paritarie a Bologna, votato il 26 maggio scorso da 51 mila cittadini su un totale di 86 mila votanti, è stato respinto ieri dal voto congiunto di Pd, Pdl e Lega Nord in un’infuocata seduta del consiglio comunale a Palazzo D’Accursio.

Le larghe intese si sono saldate ben oltre i loro confini nazionali, ma in maniera episodica e non programmatica ha assicurato il sindaco Pd Virginio Merola, respingendo un ordine del giorno presentato dal Movimento 5 stelle insieme a Sel e alla dissidente grillina Federica Salsi. L’Odg stabiliva il progressivo esaurimento, a partire dal 2014, del milione e 150 mila euro oggi versato alle materne paritarie, nel rispetto del referendum con il quale i bolognesi hanno chiesto di usare il fondo a beneficio delle scuole statali e comunali. Ventisette consiglieri contro cinque (astenuto il renziano Errani) hanno invece deciso di «smacchiare il leopardo». Non si tratta di Berlusconi, bensì della volontà dei cittadini che hanno seguito il Comitato 33, promotore del referendum, in un’epica battaglia contro i poteri forti della città: dagli industriali alla Curia.

Il voto del consiglio comunale è stato preceduto da una settimana di polemiche tra Sel e il Pd che a Bologna fanno parte della stessa maggioranza. La decisione del Pd sul referendum è un nuovo strappo all’alleanza che Sel non intende abbandonare. «Non si tratta di opportunità, ma di quanto potremmo essere incisivi – ha spiegato la capogruppo Sel in consiglio comunale Cathy La Torre al Resto del Carlino il 24 luglio scorso – Cosa cambierebbe se uscissimo? Il Pd continuerebbe a fare ciò che faceva e noi invece non potremmo fare più nulla». La seduta del consiglio è stata sospesa per una manifestazione della Usb contro il caro dei biglietti del trasporto pubblico e i fondi alle scuole private. Poi, la stessa La Torre ha accusato di «arroganza» il Pd, il suo sindaco Merola e la «strana maggioranza» dei 27 «smacchiatori»: «Questa è una maggioranza variabile con la quale si tradisce gli elettori – ha detto – Le larghe intese non rispecchiano il volere dei cittadini che si sono espressi inequivocabilmente». Nel suo intervento Merola ha ringraziato Sel per avere votato il bilancio comunale, permettendo di «non subordinare la discussione sul referendum al voto sul bilancio trasformandola in qualcosa di apocalittico». Vale a dire la caduta della giunta.

Al comitato 33 Merola ha mandato a dire che se per loro la legge sulla parità scolastica è «incostituzionale», possono rivolgersi alla Corte Costituzionale. Il comune di Bologna è tenuto a rispettarla. Poi ha aggiunto che il Pd è impegnato nella riduzione delle liste d’attesa alle materne, ha fatto investimenti per 5 milioni di euro e difenderà il «sistema integrato» pubblico-privato nella scuola materna.

«Con questa decisione Merola ha ufficializzato l’inutilità del referendum cittadino, allora farebbe meglio ad abolirlo – afferma Giorgio Tassinari, esponente del Comitato 33 – Sembra proprio che l’obiettivo del Pd sia quello di aumentare la distanza tra la cittadinanza e la politica, come dimostrano le vicende nazionali. A Sel vogliamo dire che non basta fare il ruolo da cane da guardia del Pd. Oggi non ha avuto successo. Ad ogni modo a settembre la mobilitazione ripartirà. Bologna non dimentica».