«Ho visto i miei vicini ammalarsi per lo smog. Bimbi con l’asma, conoscenti col cancro. Quell’autostrada è piena di morte». Si è fatta rasare i capelli sotto al Comune di Bologna Chiara Luce Marini, in solidarietà con i malati oncologici e in protesta contro il futuro allargamento di autostrada e tangenziale, un serpentone di cemento che passerà da 12 a 18 corsie nel suo tratto più ampio e che già ora si snoda attorno alla città, tagliando a metà interi quartieri di periferia.

E’ il nodo di Bologna, cuore viabilistico che collega il nord e il sud d’Italia e permette a tanti pendolari di andare al lavoro usando l’auto. Ed ora è diventato anche un nodo politico, che divide per la prima volta la sinistra di governo dai movimenti e dai comitati che per anni si sono battuti contro l’allargamento. Siamo contrari all’ampliamento di autostrada e tangenziale, anche se in presenza di opere di mitigazione che tra l’altro bisognerà vedere se arriveranno davvero, sintetizza Claudio Delucca di Legambiente Bologna.

Per l’associazione ambientalista, così come per tutti i comitati nati in questi anni in contrarietà all’allargamento del cosiddetto Passante (l’accoppiata autostrada+tangenziale), il punto resta il togliere quanto più traffico possibile dalle strade, non tentare di fluidificare il traffico allargando l’asfalto e mitigando l’operazione con filtri, barriere e tecnologie innovative.
Per la sinistra bolognese di Coalizione Civica (Sinistra Italiana e i centri sociali Tpo e Làbas), che ha appena siglato con il Pd un accordo di governo, l’allargamento si potrà invece fare – perché è stato giudicato politicamente impossibile fermare i cantieri – ma in cambio di molte opere di compensazione. Subito le piantumazioni da decenni promesse e mai viste, e poi vernici in grado di assorbire i gas dannosi su tutto il percorso, predisposizione alla ricarica wireless a induzione per camion e auto (quando arriveranno), filtri in grado di ripulire l’aria in galleria, recupero del suolo che il Passante coprirà di cemento con la desigillazione di terreni in altre parti della città.

Due scelte diverse per due strade che si dividono proprio su quel che vuol dire nel concreto la transizione ecologica. Da una parte i movimenti ambientalisti, che il Passante bolognese non lo vogliono in nessuna versione. Dall’altra Coalizione Civica, che ha scelto la strada della mediazione dopo avere appoggiato per cinque anni le posizioni di chi il Passante l’ha combattuto e lo combatte con ogni mezzo. Garante dell’accordo politico che porterà la sinistra al governo è il candidato sindaco di tutto il centro sinistra bolognese, il dem Matteo Lepore, che promette di trasformare il Passante di Bologna in un’opera “simbolo della transizione ecologica” italiana.
I tempi sono quelli elettorali, col voto comunale di settembre-ottobre che si avvicina. Coalizione Civica dovrà fare i conti con le concessioni già fatte al Pd in piena campagna elettorale. «Di fronte al Passante sono state calate le braghe», ha scritto su Facebook Mauro Boarelli, fino a poco tempo fa considerato uno degli intellettuali dell’area della sinistra bolognese che fa riferimento proprio a Coalizione. «Il nostro progetto ridurrà le emissioni e le malattie che ne derivano. La Regione e il Presidente Bonaccini non hanno nessuna intenzione di fermarsi, quindi alle condizioni date è il massimo ottenibile», ha replicato Francesco Luca Basile di Coalizione Civica. Una risposta che segna anche un cortocircuito, perché in Regione al governo col Pd c’è proprio la sinistra Coraggiosa di Elly Schlein, che sul Passante non è riuscita a incidere e che ora farà una lista proprio assieme a Coalizione.

Poi ci sono le forze che il Pd lo vedono come avversario politico. «Stanno sbagliando tutto, il Passante non si deve allargare», attacca l’ex grillina Dora Palumbo, ora candidata sindaca di Sinistra Unita.«Il Passante è un’opera inutile e inquinante», spiega Marta Collott di Potere al Popolo. Intanto i comitati contro l’allargamento continuano a farsi sentire: «Nel 2000 ci dissero che avrebbero installato su tutto il tragitto le centraline fisse di monitoraggio dell’aria. Sono passati 20 anni e non le abbiamo mai viste. Ora vogliamo un’indagine epidemiologica».