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Bologna, i bus sotto le torri

Bologna, i bus sotto le torri

Alla fine di lunghissimi lavori stradali, il luogo simbolo della città si scopre tradito

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 29 ottobre 2015

Se esiste ancora a Bologna un luogo simbolo della città, è certamente quello dove svettano le Due Torri. Radicate al centro della zona storica sono ciò che rimane di un’ampia area medioevale che faceva del capoluogo emiliano la «città delle torri». La loro significanza di emblemi eminentemente laici ha reso per anni il luogo dove sorgono il cuore stesso della città. Poste all’inizio dell’ampia via Rizzoli, e ombreggianti la Piazza di Porta Ravegnana, sotto di esse convergono a raggiera altre strade di origine medioevale. Da sempre è dunque una intersezione che ispira un’aura di sacralità civile: nessuno, sino a qual che anno fa, ci sarebbe passato sotto con una macchina o, peggio, parcheggiato accanto. La zona è allora una naturale area pedonale, che doveva essere interdetta al traffico privato secondo quanto deciso da un referendum consultivo del 1984: il 70% dei bolognesi si espresse per la chiusura del centro storico; decisione di fatto riconfermata dall’attuale Giunta che aveva fatto della pedonalizzazione di questa area una caposaldo del suo programma.

Una decisione che viene da lontano. Quando, nel ’77, i carri armati arrivarono in città, chiamati dall’amministrazione del Pci a presidiare la democrazia contro le masse dei barbari che chiedevano partecipazione e diritti, la visione di quei mezzi corazzati sotto le Torri fu uno shock per tutti i cittadini. Anche in quegli anni concitati, pieni di manifestazioni e barricate, nessuno dei gruppi politici osò neppure pensare a scrivere qualche slogan sulle Due Torri. Poi, con la giunta di destra, cui aprirono la strada i battibecchi tra maggiorenti del Pds locale, furono apportate due «migliorie»: la ricomparsa della statua di San Petronio, protettore della città, un tempo presente in loco ma poi laicamente rimossa, e un semaforo, tanto per dare l’idea di una ritrovata «libertà» che si esprimeva anche attraverso la circolazione ai lati delle Torri, evenienza che le ha lentamente trasformate in ciò che sono oggi: un immenso spartitraffico.
Ora, dopo mesi di lavori per la ristrutturazione del manto stradale della via Rizzoli e delle vie adiacenti, e di continue promesse di pedonalizzazione del centro storico, la speranza era che il luogo tornasse ad essere un bene comune indisponibile al degrado dovuto al traffico, anche quello generato dai mezzi pesanti come gli autobus a due corpi che ci transitano accanto. Chi si ponesse sotto le Torri e mettesse le mani su uno dei fittoni di pietra che le circondano, sentirebbe distintamente, e con una brivido nel corpo, le vibrazioni che salgono dal vecchio impianto medioevale delle strade al passare dei mezzi meccanici, e che si trasmettono alle strutture del Trecento. Com’è possibile tutto questo? Cosa può mai giustificare una violenza così palese a mattoni con settecento anni di storia e che non possono certo sopportare un traffico incurante di tutto ciò? Cosa potranno mai pensare i turisti che vengono dalle altre città europee, dove le pedonalizzazioni sono la regola, vedendo questo insensato spettacolo?
Un malinteso senso della modernità ha relegato i simboli della città a puro orpello, quando invece si dovrebbe poter sentire ancora l’eco della voce possente di Carmelo Bene che recita Dante dalla Torre degli Asinelli per una cittadinanza attonita e rispettosa dei suoi monumenti e di se stessa.

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