Annamaria Tagliavini è direttrice della Biblioteca Italiana delle Donne di Bologna, realtà molto attiva, nata alla fine degli anni Settanta, che custodisce quarantamila volumi, cinquecento periodici e riviste specializzate sul genere e il femminismo provenienti da tutto il mondo. Si tratta di testi introvabili, consultabili anche in rete grazie alla digitalizzazione di una parte consistente di materiale. Il suo sguardo sulla città parte inevitabilmente da questa esperienza.

annamaria tagliavini
Come descriverebbe la città oggi?

Bologna è da sempre un punto di eccellenza per il protagonismo intellettuale e culturale delle donne. Ha tra i più alti tassi di occupazione a livello europeo, quasi pari alla Germania, questo si deve anche a una struttura sociale che lo ha permesso, grazie a un importante primato nazionale: l’istituzione di nidi comunali pubblici, un sostegno fondamentale per le lavoratrici. L’amministrazione comunale, permeabile alle istanze di genere, ha garantito, e lo fa ancora pur in tempi di crisi, la struttura dei servizi per l’infanzia, fra i più avanzati d’Italia. Nonostante i tagli finanziari e i problemi di bilancio le scuole materne, gli asili nido, non sono stati chiusi. I servizi al cittadino sono da sempre una priorità delle amministrazioni. Se però ci confrontiamo con i collettivi studenteschi e le giovani precarie che vivono la drammatica crisi economica e la disoccupazione la visione è meno positiva. Dagli anni ’70 la città si è trasformata, ma la decadenza che alcuni paventano è un fantasma.

Quali sono, attraverso le battaglie e le conquiste femminili, le trasformazioni sociali e culturali che hanno segnato Bologna?

Negli anni ’80 sono nate realtà pioniere come il Centro e la Biblioteca italiana delle donne, la più importante in Italia. Risultato del dialogo fra un’associazione femminista indipendente e l’amministrazione locale. Nel 1983 ha preso vita una formula innovativa, mista pubblico-privato, frutto di negoziazioni. Anche la Casa delle donne per non subire violenza, nata nel ‘91, è fra i primi centri antiviolenza italiani. Negli anni della giunta Vitali (sindaco dal ’93 al ’99, ndr) Bologna è stata capitale dei diritti omosessuali. Oggi il movimento lgbt ha anche una dimensione importante nella progettazione culturale, un esempio è il festival Gender Bender. Questo ha ricadute sociali nel cambiamento della fisionomia delle famiglie, sono in aumento i nuclei Arcobaleno (associazione di genitori omosessuali). Bologna è all’avanguardia nella trasformazione della struttura della famiglia pur essendo al tempo stesso una città conservatrice, fino all’unificazione italiana ha fatto parte dello stato pontificio. Ma proprio qui il movimento lgbt e i temi sul genere e il femminismo hanno un’identità molto forte. La prima campagna contro la violenza sessuale rivolta agli uomini Noino.org (a cui Giorgio Napolitano ha conferito l’8 marzo scorso la targa della Presidenza della Repubblica, ndr) è nata sul territorio. Ci sono primati di attenzione su queste tematiche. Alcune imprenditrici investono nel no profit e in cultura come Isabella Seragnoli che ha aperto alla città il Mast (Manifattura di Arti Sperimentazione e Tecnologia, centro polifunzionale e spazio espositivo) che contiene anche un asilo fiore all’occhiello. Giovanna Furlanetto, che nel 2000 ha istituito il premio Furla per giovani creatori. La tradizione di emancipazione e partecipazione femminile ha radici antiche, nel ‘700 le prime docenti universitarie, Laura Bassi e Anna Morandi Manzolini, hanno insegnato nell’ateneo bolognese. Lo stesso primato si è replicato in consiglio comunale e nella vita amministrativa. Fondamentale la partecipazione femminile alla Resistenza, in tutta l’area emiliano-romagnola.

Qual è un tratto essenziale del fare cultura in città?

Non si può non tener conto della presenza dell’Università, una delle più grandi dopo la Sapienza, una vera fucina. Bologna è ricca di biblioteche di quartiere, specializzate, oltre alle cento universitarie di dipartimento. Serve un sistema per farle lavorare insieme per produrre al massimo. La cultura è l’insieme di Università, istituzioni, musei, e produzione indipendente. C’è una grande vivacità grazie agli studenti, fra gli 80 e i 100mila all’anno, un potenziale che va incoraggiato. La prima libreria Feltrinelli con un concetto moderno di libera fruizione, open space e dagli scaffali aperti, è nata a Bologna negli anni ‘70. È una città laboratorio di libera impresa culturale.

Qual è la sfida più urgente?

Quella del piano strategico metropolitano, ovvero il passaggio a un’idea di sistema che metta insieme infrastrutture, economia, servizi, cultura, capace di cavalcare la velocità del presente senza scendere di standard, ma rilanciando e vivendo il futuro come una possibilità.

Quale la battaglia da fare?

Anche a Bologna, come nel resto d’Italia, il protagonismo delle donne non è ancora compiuto. Una città di donne e uomini va ancora costruita. L’obiettivo è andare avanti su questo terreno, farsi centro propulsore a livello nazionale di una politica verso le donne, delle donne e per le donne, che risponda alla situazione internazionale.