«Siamo a un passo dalla zona rossa», ha detto ieri il sindaco di Bologna Virginio Merola, chiedendo alla Regione Emilia-Romagna di fare presto. E così anche Bologna e i paesi del circondario si sono risvegliati di nuovo alle porte di un lockdown duro, per giunta dopo essere appena entrati in zona arancione scuro, cioè con scuole chiuse dai sei anni in su. Un «benvenuti nella terza ondata» giustificato dai numeri. Ieri in tutta l’Emilia-Romagna si sono contati 2.375 pazienti nei reparti Covid non intensivi, con un balzo in avanti di 120 ospedalizzati da un giorno all’altro. Un trend insostenibile anche sul breve periodo, almeno a Bologna dove ieri le persone contagiate sono state quasi 900 in più rispetto alle 24 precedenti. Eppure è di soli sette giorni fa il «giusto aprire i ristoranti dove si può» del presidente della Regione Stefano Bonaccini.

Ma è tutto il sistema, compreso quello sanitario regionale – uno dei migliori in Italia – a scricchiolare. «Non abbiamo ancora visto il peggio», ha dichiarato il direttore generale dell’Ausl di Bologna Paolo Bordon spiegando che la situazione è «drammatica» e la velocità del virus «pazzesca», e puntando il dito anche contro gli «assembramenti nei parchi». A dire il vero preceduti da quelli nelle vie della movida, con alcuni bar diventati distributori a ciclo continuo di spritz e birre da asporto.
C’è il fronte, caldissimo, della scuola. «In classe un bimbo è stato trovato positivo il 9 febbraio, l’Ausl si è fatta sentire via mail il 17 febbraio ma senza prescrizioni, i tamponi ai bambini li hanno fatti il 21», racconta una mamma. Cinnica, la consulta bolognese «per una città amica dell’infanzia», ha scritto che «come un anno fa le famiglie sono abbandonate e i provvedimenti confusi, ma non possiamo fingere che quello che sta succedendo fosse inaspettato».

Già si preannunciano ricorsi al Tar di genitori arrabbiati contro la chiusura delle scuole e scioperi contro la didattica a distanza. L’insofferenza si mischia alla rabbia, in attesa del probabile arrivo della zona rossa per tutto il bolognese. «Abbiamo un’esplosione dei contagi tra i giovanissimi e non era mai successo», ha spiegato Bonaccini portando ad esempio il caso di una ragazzina di 11 anni ricoverata in terapia intensiva. A Bologna i profili facebook dei vari eletti che hanno annunciato l’aggravarsi della situazione (e delle misure restrittive) sono stati presi d’assalto dalle critiche. Molti impegnati, assieme a buona parte del Partito democratico, più in una estenuante discussione su chi sarà il prossimo sindaco che a occuparsi di emergenza sanitaria, economica e sociale.
Quasi al collasso il tracciamento, ufficialmente solo «in affanno». Meglio vanno cose sul fronte vaccini, dove la Regione resta tra le prime in Italia. «Ma chi tra gli over 80 è riuscito a prenotare un appuntamento – attaccano i 5 Stelle – ha scoperto di poter ricevere la prima dose soltanto a metà aprile». Infine la comunicazione istituzionale, lacunosa, e il coordinamento, che al momento scarseggia. Un esempio lo scorso weekend, quando già tutta Bologna era in arancione scuro. «L’ingresso ai parchi è consentito», dicevano ai genitori le faq del Comune. «Non si può portare il bimbo al parco», spiegava la Regione. Nel dubbio nei parchi la frequentazione non è rallentata. A Casalecchio invece, paesone da 40mila abitanti alle porte del capoluogo, il sindaco vietava anche l’uso dei giochi nelle aree verdi.