La prima volta che Heineken mi ha stupito è stato in Tunisia, all’inizio del 2011, quando per un giornale di economia olandese stavo coprendo la rivoluzione dei gelsomini e la caduta del presidente Ben Ali. Durante le mie indagini, ho scoperto che Heineken manteneva stretti legami con il clan familiare cleptocratico che aveva governato la Tunisia per quasi venticinque anni. Non era solo il rapporto in sé che mi aveva sbalordito, era il fatto che Heineken stessa producesse birra in Tunisia. Sapevo che l’azienda stava facendo affari in tutto il mondo e avevo una vaga idea che avrebbe avuto birrifici al di fuori dei Paesi Bassi, ma non avevo mai realizzato su che scala: 165 birrifici in più di 70 paesi, inclusa questa autocrazia nordafricana.

NEL SUO CODICE di condotta, Heineken descrive i suoi lavoratori come «la nostra più grande risorsa». Allora, com’è davvero lavorare per Heineken in Africa? Non male, a prima vista. In tutto il continente ho incontrato ex dipendenti che guardano con orgoglio alla loro carriera, indipendentemente dal fatto che trasportassero casse o gestissero il birrificio. La maggior parte dei membri del personale di Heineken in Africa ha stipendi relativamente bassi per gli standard locali, ma Heineken compensa questo aspetto definendosi un datore di lavoro attento e incoraggiante.

[do action=”citazione”]Sapevo che l’azienda stava facendo affari in tutto il mondo e aveva fabbriche ovunque, ma non avevo mai realizzato su che scala: 165 birrifici in più di 70 paesi[/do]

«Come semplice operatore, non guadagni molto», dice un ex manager ruandese il cui primo lavoro è stato come tecnico di manutenzione. «Ma i supervisori e il personale più in alto sono ben pagati e quando ho iniziato c’erano molti più ruoli manageriali disponibili rispetto ad altre società. Se fai bene il tuo lavoro, questo viene riconosciuto e promosso». Per i dipendenti di successo, ci sono anche vantaggi a migliorare il proprio status, come auto aziendali o dispositivi tablet. I dipendenti apprezzano anche l’ampia gamma di corsi di formazione offerti.

PER LA MAGGIOR PARTE del personale Heineken in Africa non esiste un regime pensionistico, ma a fine carriera spesso si ha diritto a un buon pacchetto di fine rapporto. Alcuni usano i soldi per avviare la propria azienda. Ho trovato ex dipendenti che avevano avviato un allevamento ittico, un’attività di consulenza e un panificio. Altri erano rimasti fedeli alla loro vecchia area di lavoro e hanno aperto un bar.

C’è una parte di dipendenti che si preoccupa di più di questi aspetti: gli espatriati. Molto spesso, l’azienda gestisce ville di lusso ad affitto gratis, parte di/o nei pressi di proprietà Heinken, riservati al personale espatriato. Il numero di manager africani è aumentato in tutto il continente, ma nella maggior parte dei paesi il personale bianco rimane in cima alla gerarchia. (Nel momento in cui scrivo, 9 su 13 filiali africane sono guidate da europei e soltanto 4 da africani).

SECONDO IL RAPPORTO annuale di Heineken 2014, i neo-assunti dei birrifici nigeriani guadagnavano poco più di 2000 dollari all’anno (circa 1500 euro), mentre la società spendeva lo stesso importo ogni giorno per un regista olandese in Nigeria, senza contare i bonus.

La sicurezza sul posto di lavoro è una seria preoccupazione per i dipendenti Heineken. Secondo le statistiche globali dell’azienda, centocinquanta persone – personale o subappaltatori – sono morte in incidenti sul lavoro tra il 2005 e il 2016. Alcuni sono caduti dalle impalcature, o sono stati schiacciati sotto i recinti, uccisi in esplosioni e bruciati vivi. Altri hanno conseguito disabilità permanenti a seguito di amputazioni, ustioni e altri incidenti. Secondo una dichiarazione del 2017 di Heineken, le attività in Africa rappresentano il 26% degli «incidenti e incidenti sul posto (minori, gravi, mortali)».

NELLE SUE ATTIVITÀ in tutta l’Africa, Heineken utilizza sempre più spesso subappaltatori e lavoratori a zero ore. In molti paesi, il reddito di un lavoratore a giornata o di un lavoratore temporaneo non corrisponde al «tenore di vita dignitoso» che l’azienda definisce essere il suo obiettivo.

Un addetto alle pulizie nella Repubblica Democratica del Congo non può sopravvivere con uno stipendio mensile di 40/50 dollari, e anche una guardia di sicurezza che guadagna il triplo troverà difficile sbarcare il lunario. Inoltre, i lavoratori esterni non hanno diritto all’assistenza sanitaria o ad altri servizi. In teoria, sono le agenzie che li assumono a doverli fornire, ma in caso contrario non si tende a impedire a Heineken di collaborare con loro.

A LUBUMBASHI, una città della Rdc, ho incontrato un lavoratore temporaneo che mi ha detto che non gli era permesso fare una pausa. «Quando i direttori vanno a pranzo, il personale continua a lavorare – ha affermato -. Avremmo dovuto avere una mensa, ma il budget è stato tagliato. Non hanno la frusta come una volta ai tempi del colonialismo, ma la pressione del lavoro è eccessiva e non è rapportata ai nostri stipendi».

Ha detto che ride ad alta voce allo slogan della Fondation Bralima, l’ente di beneficenza locale di Heineken: «Impegnato per il benessere dei congolesi». La sua conclusione: «Lascia che inizino con il benessere dei propri lavoratori».

Gli incontri al festival Internazionale di Ferrara (domani van Beemen)

Oggi e domani si terrà la XIV edizione del festival di giornalismo Internazionale a Ferrara. A causa delle norme di sicurezza anti covid-19 ci sarà un nuovo format: non più un unico fine settimana ma sette appuntamenti che da ottobre a maggio 2021 animeranno la città estense con incontri, proiezioni e mostre. Nel primo weekend, il tema delle disuguaglianze, dalle proteste del Black lives matter in Italia e in Europa a quelle di genere, sociali ed economiche. Spazio poi al fumetto-reportage con Joe Sacco e Zerocalcare. Fra gli ospiti, l’economista femminista Marcella Corsi, la politologa francese Virginie Raisson, il giornalista britannico Gary Younge. La rassegna Mondovisioni che quest’anno porterà al festival 6 documentari in anteprima mentre «Heineken in Africa» è l’incontro di domani – alle ore 11.30, presso l’Ex Teatro Verdi – con il reporter olandese Olivier van Beemen che parte dall’omonimo libro-inchiesta (in italia con Add).