Nicola Zingaretti vuole «rigenerare il campo democratico», «rilanciare il centrosinistra». Ma al momento lascia il suo fianco sinistro esposto al cannoneggiamento di renziani e affini. In mattinata il pretesto è un’intervista di Massimiliano Smeriglio, vice del presidente del Lazio e coordinatore di Piazza Grande. C’è un precedente, quando a dicembre al manifesto dichiarò che era auspicabile «il disgelo con i 5 stelle». Apriti cielo. Stavolta al Tempo dichiara, a proposito dei governi Pd, «purtroppo il giudizio che conta lo hanno dato gli italiani il 4 marzo. Un giudizio senza appello. Ora bisogna costruire in discontinuità». Parole non barricadere, ripetute tante volte da molti esponenti dell’area. Forse un gesto di lesa maestà nei confronti di Paolo Gentiloni, grande elettore di Zingaretti.

C’È ANCHE UNA BATTUTA sull’attivismo di Carlo Calenda: «L’unico manifesto sull’Europa che conosco è quello di Spinelli e Rossi». Anche qui niente di incendiario. Ma abbastanza per scatenare la contraerea renziana. «Vorrei sapere se gli ex ministri Franceschini, Madia, Minniti, Pinotti, Orlando, Gentiloni condividono il giudizio di Smeriglio», attacca Alessia Morani. Calenda reclama a gran twitter chiede a Zingaretti se condivide i giudizi del suo vice: «Ora basta. Chiarezza». Gli replica Marianna Madia, con le buone: «Credo che i nostri governi abbiano fatto molte cose ottime. Ma se l’obiettivo è unire, non si può costantemente mettere all’indice chiunque, nel nostro campo, è portatore di idee non identiche». Dal cerchio stretto di Zingaretti filtra un «no comment», D’Alema, Maduro, «ci attaccano tutti i giorni, uno sport tutto interno, non li seguiamo».

NON SI È SPENTA LA POLEMICA che subito se ne accende un’altra. Stavolta sul banco degli imputati c’è Laura Boldrini. Il Foglio riferisce la sua intenzione di votare per Zingaretti alle primarie. Qui i renziani di area Martina, che sanno che ai gazebo il loro candidato non farà furori, si scatenano. Parte Andrea Marcucci, capogruppo al senato: «Le primarie, previste dallo statuto, servono per scegliere il segretario, non per creare un nuovo partito insieme a chi per anni ha fatto la guerra ai nostri governi». Andrea De Maria, già cuperliano: «Per votare alle primarie Pd ci sono regole da condividere. Bisogna esserne elettori. Se si appartiene a un altro gruppo parlamentare non si può votare». Luciano Nobili: «L’ingerenza di realtà esterne che partecipino in maniera organizzata alle primarie per influenzarne gli esiti sarebbe un fatto inedito e gravissimo». Non tanto inedito, in realtà. Il problema non era stato sollevato, per esempio, quando a Palermo il segretario della lista Sicilia Futura, di destra, ha dichiarato l’appoggio al candidato Faraone (i zingarettiani per questa vicenda si sono ritirati).

«INTENDIAMOCI: BENVENUTI tutti gli elettori di centrosinistra che decidono di votare Pd», spiega Lorenzo Guerini, il diplomatico della compagnia. «Ma Boldrini fa parte di un altro gruppo parlamentare, Leu. Altro è il ragionamento in vista delle europee. Ma se vuole votare alle nostre primarie, tagliamo la testa al toro: entri nel gruppo Pd, ne saremmo entusiasti».

L’ARTICOLO IN QUESTIONE è il 2 dello statuto, prevede l’albo delle elettrici e degli elettori: l’iscrizione dà diritto a partecipare alle primarie. Iscrizione sconsigliabile per un dirigente o un eletto di un partito diverso, anche se vicino. Invece è opinabile, replica Marco Miccoli, che spiega che Boldrini è «un’indipendente», e «non c’è niente da fare, sono affezionati al 17%. Non gli date retta. Il 3 marzo, Laura e chiunque voglia darci una mano a cambiare il Pd, a rilanciare il centrosinistra e a darci forza per sconfiggere populisti e fascisti, venga tranquillamente ai gazebo e nei circoli. Sarete i benvenuti».