La legge elettorale «è importante» ma deve nascere da una «discussione condivisa» e non più dagli «strappi che abbiamo vissuto in questa legislatura». Ma soprattutto non possiamo «tralasciare i bisogni reali delle persone» sulle quali «la legislatura ha un patrimonio di leggi da approvare in via definitiva che non va buttato via». Parla della riforma della prescrizione, dell’introduzione del reato di tortura, della riforma della cittadinanza e della legge sulla lotta alla povertà, Laura Boldrini, in un’intervista rilasciata ieri al Corriere della sera. E di «una sinistra con una forte identità» che «rappresenti i nuovi esclusi», non appaia «lontana dalla realtà» e che infine oggi «può diventare maggioranza».
Così la presidente della Camera compatta il fronte di tutte le sfumature della sinistra, tranne naturalmente della trincea renziana. Approvano quelli che leggono in queste parole una critica agli «strappi» di Renzi, anche se fu lei a suo tempo ad ammettere i voti di fiducia sulla legge elettorale. Approvano soprattutto i contrari alla precipitazione elettorale e in ogni caso alla legge con i capilista bloccati che l’ex premier ha intenzione di far approvare per le due camere. «Ha ragione da vendere», chiosa infatti il bersaniano Nico Stumpo. D’accordo anche il deputato Francesco Boccia che polemizza con i suoi: «Invece, per i due massimi rappresentanti del mio partito, Renzi e Orfini, pare che i problemi del paese vengano solo dopo la loro fretta di portare l’Italia al voto». Boccia annuncia che alla direzione del 13 febbraio chiederà «di aprire il congresso con qualche mese di anticipo, un congresso con primarie tra giugno e ottobre». Proposta fin qui ignorata da Renzi. Anche perché lo statuto del Pd prevede che per celebrare un congresso anticipato il segretario si presenti dimissionario all’assemblea nazionale. Cosa che Renzi non ha alcuna intenzione di fare.

Ma gli apprezzamenti più caldi arrivano dalla famiglia politica di origine, quella Sinistra Italiana che in queste ore ha aperto il suo congresso per trasformarsi in Sinistra italiana. Ma in un clima da separati in casa: la parte «dialogante» capitanata da Arturo Scotto si è ritirata in un aventino fatto di assemblee rivolte al «nuovo centrosinistra» lanciato da D’Alema. Scontato dunque l’apprezzamento alla presidente da parte di Scotto. Ma dall’assise ’ufficiale’ romana, a Boldrini arrivano i complimenti di Nichi Vendola a cui piace il richiamo all’identità, all’americano Sanders, all’inglese Corbyn e al francese Hamon. «Abbiamo bisogno di partire da una considerazione che ha fatto Laura Boldrini: c’è bisogno di sinistra», dice dal palco, «per difendere una generazione allo sbando colpita al cuore dalla precarietà, per difendere il lavoro rimettendolo al centro della scena sociale, per restituire dignità ad ogni singola persona e ai suoi diritti, per lottare contro una disoccupazione e una povertà così laceranti per le famiglie».

Citazione preziosa, quella di Vendola. Anche perché per i suoi la presidente da mesi rappresenta l’ala troppo dialogante con il Pd, vicina a Giuliano Pisapia che a suo tempo Vendola definì «stampella» del renzismo morente.

Ora però Pisapia guarda con una qualche curiosità al «nuovo centrosinistra» lanciato da D’Alema. Anche se all’indirizzo dell’ex sindaco dal Pd continua il pressing per assemblare un’area di sinistra pronta a sfidare Renzi nelle primarie. Ieri gli è arrivato l’ennesimo appello da parte del ’pontiere’ Gianni Cuperlo . Tanto più che ora Renzi si dice orientato ad accettare il premio di maggioranza alle coalizioni, anziché alla lista come chiede oggi la legge elettorale della camera. A patto di andare al voto a giugno, s’intende.