La solennità della cornice – l’aula della Regina di Montecitorio – della mostra «Il Ventaglio – Cronisti in Parlamento, da Zanardelli ai social network» può trarre in inganno. E invece più che un rituale di autoconservazione corporativa, l’associazione stampa parlamentare con i suoi centoventi anni di cronache del palazzo – raccontati con atti e documenti (alcuni notevoli, come il documento del 13 giugno 1924 scritto da Filippo Turati, di suo pugno, in cui di deputato anziano annuncia l’Aventino), video e testimonianze (Sardoni, Macaluso, Folli, Rampino, Franchi, Franco, Ciarnelli, Renzulli, Bonsanti, Damilano, Mentana, Minzolini, Rangeri, Sorgi, Martini, Tedaldi, Amici, D’Acchille, Capuani) – si guarda allo specchio senza troppa indulgenza. «Ci sono le luci, le carriere illustri e c’è il lavoro di tanti cronisti meno famosi ma bravi e competenti . Ma non abbiamo tralasciato nemmeno le ombre», ha spiegato la presidente dell’Asp Alessandra Sardoni ieri all’inaugurazione, «il conformismo, la continguità e l’ambiguità di questa professione di cui c’è un’evidente traccia nei materiali esposti». La citazione gustosa è del pamphlet di Enzo Forcella «Millecinquecento lettori», del ’59, «un intervento ancora molto attuale quando evoca il rischio delle ’recite in famiglia’ nel raccontare la politica», rischio «sempre in agguato».

Ma nell’era dei social network, dei Grillo tonitranti dai blog e dei Renzi che twittano dribblando la mediazione giornalistica – buona o cattiva che sia o venga considerata -, il rischio di rottamazione è dietro l’angolo. Con conseguenze fatali non sulla categoria, ma sulla formazione dell’opinione pubblica. Lo ha spiegato, naturalmente con altre parole, la presidente della Camera Laura Boldrini: «Viviamo in un momento in cui tanti pensano di poter fare a meno dei corpi intermedi e c’è il rischio che i giornalisti possano essere considerati tali». C’è Youtube «e allora qualcuno si chiede: perché devo rivolgermi ai giornalisti? Quello che mi interessa dire ai miei elettori lo dico da solo. Ma, così facendo, viene meno la terzietà dell’informazione». La mostra, fino al 10 novembre, è accessibile a tutti, non solo agli addicted del palazzo, i maschi purché forniti di giacca. Domenica 9 sarà visitabile nell’ambito dell’iniziativa Montecitorio a porte aperte.