Le chitarre della cover band «Seiottavi» attaccano una versione ruvida di «Io ci sto» di Rino Gaetano, location da sinistra off off: l’ex pastificio Cerere, atelier di artisti e fotografi nel cuore rosso di Roma, quartiere San Lorenzo, un lato di triangolo disegnato dal ristorante pasoliniano Pommidoro e dal Nuovo Cinema Palazzo, occupato. Laura Boldrini arriva in ritardo da Montecitorio, la manovra è approvata sul filo e l’appuntamento quasi saltava. Dice lì il suo sì al movimento di Piero Grasso. «Darò il mio contributo», «sono convinta che Liberi e uguali – e nel mio caso sarà Libere e uguali, mi piace questo nome – ha le potenzialità di fermare il disamore dell’elettorato progressista». Quando declina il nome della lista al femminile arriva un applauso allegro. «Non siamo una minoranza, siamo una maggioranza, dobbiamo farci largo da sole».

La prima a salutarla è stata Rossella Muroni, ex Legambiente e ora coordinatrice di Leu. Lo stanzone di cemento in effetti si è riempito soprattutto di donne, quelle delle associazioni antiviolenza che lei ha portato in parlamento il 25 novembre, quelle delle periferie (Giorgia Bassano, mamma coraggio di Corviale, le mette in braccio la sua ultima pupa), le ragazze dello ius soli, le parlamentari (Cecilia Guerra, Lara Ricciatti, Roberta Agostini, Marisa Nicchi, Giovanna Martelli). Luciana Castellina, la regista Loredana Rotondo (storica firma di Processo per stupro), la giudice Maria Monteleone, la statistica Linda Laura Sabatini. Non tutte per aderire, ma tutte per riconoscere che in questi «cinque anni non facili» la presidente si è battuta per i diritti di tutti e tutte.

Ma ci sono anche i «ragazzi di sinistra» di Leu, allegri per l’ultimo sondaggio che li dà al 7,9 (Tecné), Roberto Speranza, Pippo Civati, Arturo Scotto, Nico Stumpo, Francesco Laforgia, Giulio Marcon, Franco Bordo, Filiberto Zaratti, Simone Petrangeli, Ciccio Ferrara e la pattuglia di Campo progressista che ha rotto con il Pd (Smeriglio, Pizzolante, Furfaro). Non c’è Grasso, impegnato ancora in aula, ma manda la sua nota di «benvenuto». E D’Alema: «La scelta di Laura Boldrini ha un grande valore. Per la straordinaria passione umana e civile con cui si è battuta per i diritti delle donne e per la difesa dei diritti umani, prima nell’ambito Onu poi nelle istituzioni del paese».

Le tensioni sono sciolte, lei «resta a sinistra», spiega, «Ho guardato con interesse al tentativo di Pisapia di ricostruire un centrosinistra innovativo e in discontinuità. Questa discontinuità non c’è stata». Ringrazia Sel, il partito di Nichi Vendola che l’ha portata in parlamento, e Italia bene comune, la (defunta) coalizione di Bersani che l’ha poi catapultata alla presidenza di Montecitorio. La legislatura è finita, ma « il mio viaggio continuerà». Il suo sì non è a un pacchetto chiuso ma per proseguire la sua «agenda» in una forza che sia una forza aperta, inclusiva e di governo»,«la sinistra è innovazione o non è».

La squadra è quasi al completo, fra poco sarà il tempo del delicato puzzle delle liste, il 7 gennaio una riunione ne definirà i criteri. Godiamoci le feste.

Parte il brindisi, sono di nuovo tutte donne, ma poi anche Stumpo e i «ragazzi» avvicinano i bicchieri. Con autoironia: «Arriva la minoranza».