Il presidente egiziano al Sisi ha lasciato in fretta e furia il vertice dei leader dell’Unione africana in corso a Addis Abeba per tornare al Cairo e far fronte all’emergenza nel Sinai. Quanto al vertice, si è concluso assumendo l’auspicio della presidente Nkosazana Dlamini-Zuma di «una risposta collettiva, efficace e decisiva» contro il gruppo islamista Boko Haram che ha messo a ferro e fuoco negli ultimi sei anni il nord est della Nigeria e destabilizzato nelle ultime settimane le zone di confine con i paesi vicini, soprattutto il Camerun.

Si va dunque verso la formazione di una forza multinazionale di 7.500 uomini, a cui gli Stati uniti hanno garantito supporto tecnico e logistico. Non è chiaro se questa task force avrà solo il compito di proteggere le frontiere dalle incursioni di Boko Haram o se il mandato gli consentirà di entrare in Nigeria. Si dicono comunque pronti a dare il loro contributo i governi di Benin, Chad, Camerun e Niger. La faccenda passa ora al Consiglio di sicurezza dell’Onu per l’approvazione finale.

In realtà sul terreno sono già operative truppe chadiane, che hanno la loro base in territorio camerunese ma ieri sono entrate in azione per la prima volta in territorio nigeriano, attaccando da terra e con supporto aereo i miliziani di Boko Haram fino a scacciarli dal villaggio di Malam Fatori, nello stato nigeriano del Borno. È il primo intervento militare di forze di altri paesi in Nigeria, il cui governo a più riprese ha assicurato di essere perfettamente in grado di fronteggiare con le proprie truppe l’espansionismo dei miliziani jihadisti. Vero è che il Chad aveva già installato una sua base nella città nigeriana di Baga, ma poi aveva ritirato il contingente per sopraggiunti dissidi con le autorità nigeriane. All’indomani del ritiro, Boko Haram ha occupato la città causando un gran numero di vittime.

Intanto prosegue la campagna elettorale in vista delle elezioni presidenziali di febbraio. Dopo il tour nello stato di Adamawa il presidente in carica Goodluck Jonathan si è recato a Jalingo, nello stato di Taraba. Anche qui il corteo di auto al seguito è stato oggetto di lancio di pietre.

una delle auto presidenziali danneggiate nella sassaiola
Una delle auto presidenziali danneggiate nella sassaiola