Olga Gurina (Olimana Gurimana), disegnatrice, pittrice, grafica web, nata in Russia, si è trasferita nel 2013 in Ucraina, dove risiede tuttora; fa parte di gruppi artistici di scultura, arte pubblica e politica. Olegg Kulay-Kulaychuk, nato e cresciuto in Ucraina è scrittore, designer, fotografo: le sue opere sono esposte in collezioni private in Usa, Canada, Francia, Germania, Russia, Israele e nel Museo Nazionale Kyiv Art Gallery.

Nel loro lavoro, con amaro umorismo e irriverenza, fanno costantemente riferimento ad argomenti sociali. Della crudeltà della guerra colgono aspetti inquietanti della censura e del dispotico sistema di comunicazione: «Abbiamo vissuto l’orrore e la paura dei primi giorni, quando non mangiavamo quasi nulla e non dormivamo – racconta Olga Gurina -. Ora il corpo si sta adattando. Ci aspettavamo questa guerra negli ultimi otto anni, era solo una questione di tempo… La propaganda, che ha catturato quasi tutti i media in Russia, copre gli eventi nel modo desiderato da putin (la iniziale del cognome minuscola è stata richiesta dagli artisti per rispetto ai caduti, ndr). Il muro è costruito così saldamente che sembra che in Russia molte persone ancora non sappiano cosa stia succedendo qui e continuano a vivere in tranquillità le giovani generazioni in Russia sono quelle più attive, ma non sono supportate dagli adulti e finiscono anche in carcere».

È qualcosa che finisce per neutralizzare qualsiasi forma di critica interna. «Sì, io vedo necrofilia – continua l’artista – vedo riscrivere la storia tramite repressioni politiche, omicidi di giornalisti e oppositori, liquidazione di media indipendenti. Vedo che l’intera economia lavora esclusivamente per la guerra e attorno al conflitto come nei peggiori periodi dell’Unione Sovietica».

Una delle radici della violenza può annidarsi nella linea di pensiero unico che riconduce a modalità di imperialismo, non certo estranee alla storia politica russa: «Sono nato in un sistema di assoluto grigiore ed egualitarismo – racconta Olegg Kulay-Kulaychuk – era considerato l’unico modo corretto di vivere. Trent’anni fa abbiamo lasciato quel paradigma e ora stanno cercando di riportarci lì con la forza».

Il ricordo del modello omologante dell’Unione Sovietica inibisce anche la crescita di movimenti giovanili di sinistra. Osserva Olga Gurina: «Le persone di sinistra in Ucraina, di norma, sono giovani e ben istruite, ma non hanno visto l’Unione Sovietica. In molti consideriamo superata la differenziazione politica tra sinistra, centro-destra, conservatori, liberali. Oltretutto, la sinistra in Italia, quella in Ucraina, a san Pietroburgo e la sinistra, ad esempio, del Partito comunista russo possono contenere al loro interno molte contraddizioni, risultando assai diverse fra loro. Se però pensiamo alla ’sinistra’ come rispetto dei diritti umani e la disponibilità di risorse per tutti, nessuno escluso, credo che ogni artista dovrebbe essere di sinistra».

L’arte come espressione comunicativa delle soggettività può rappresentare un contrasto al buio del pensiero oggettivo unico. «Non credo nel pensiero oggettivo di una sola persona – interviene ancora Olga Gurina – La soggettività è la nostra principale ricchezza. I custodi di questa ricchezza sono gli artisti. Coltivo con cura la mia soggettività e rispetto la tua. È questa la condizione per una pacifica convivenza delle persone».

D’altra parte, censurare la cultura russa e boicottarla rischia di rafforzare ancor di più i nazionalismi e le chiusure: «Prendersela con Dostoevskij per quello che sta accadendo è una grande sciocchezza – osserva Olegg Kulay-Kulaychuk -. Andrebbe invece boicottata quella parte della cultura russa che ha glorificato le ambizioni imperiali, opprimendo le minoranze, la loro identità, la loro lingua o, in ogni caso, ha chiuso un occhio. Figure come Gergiev, Matsuev, Mashkov e tutti gli altri che hanno sostenuto la guerra o sono rimasti in silenzio. Ma allo stesso tempo, riteniamo necessario studiare il lavoro dei dissidenti sovietici – Dovlatov, Aksenov, Voinovich – che, meglio di qualsiasi libro di testo, raccontano come è diventata possibile l’attuale guerra».

Emerge una linea di continuità tra l’esercizio del potere che fagocita ogni libertà e i periodi più bui del terrore militare. Questo continuo e insaziabile ingrassamento del potere potrebbe trovare un’espressione politica e pedagogica in un’opera di Pavel Filonov: poeta e pittore che partecipò attivamente alla Rivoluzione russa, fu poi perseguitato e bandito dallo stesso sistema sovietico, che lo accusò di fuggire dalla realtà, gli negò l’esposizione delle sue opere. L’opera in questione è La Formula della pedagogia contemporanea.

Dipinto un secolo fa, nel 1923, rappresenta un uomo sdraiato che ingoia altri uomini travasati tramite imbuti da soggetti intermedi. La pedagogia che travasa e finisce con ingrassare un essere ingordo, mai sazio di potere in un sistema, una sorta di fabbrica gerarchica: «Anche se i contesti storici non sono comparabili vedo molta violenza in questo lavoro – osserva Kulay-Kulaychuk – e sicuramente ha qualche consonanza con quello che sta accadendo adesso. L’opera era conseguenza della rivoluzione del 1917 e della volontà di rinnovare l’arte. Filonov è stato uno dei riformatori e ha promosso la sua direzione analitica fino a quando fu accusato di formalismo e perseguitato… Temo che l’intera cultura russa stia ora entrando in quell’imbuto, ormai gli è stato vietato quasi tutto, tranne mangiare e respirare. Quest’opera ci rivela che la bellezza non salva il mondo».