I voucher non fanno emergere il lavoro nero. In un’audizione alla Camera ieri il presidente dell’Inps Tito Boeri ha detto che se anche fossero usati tutti quelli a disposizione l’emersione sarebbe «una goccia nel mare». In Italia il lavoro irregolare riguarda il 16% dei lavori esistenti, mentre i voucher si limitano allo 0,3% pari a circa 70 mila persone. I contributi versati con questa forma di lavoro occasionale raggiungono 174 milioni di euro, meno di un millesimo rispetto all’insieme dei contributi versati. L’obiettivo ultimo deve essere quello «non di ridurne l’uso in assoluto ma quello di scoraggiarne l’abuso».

Dopo avere smentito il luogo comune sui buoni lavoro, l’economista milanese ha sostenuto che la riforma della tracciabilità, voluta dal governo Renzi, funziona. A gennaio 2017 sono stati venduti meno di nove milioni di buoni per il lavoro accessorio, il livello più basso da gennaio 2016. La vendita è lievemente aumentata (era a 8,5 milioni) ma, grazie all’introduzione della tracciabilità, è molto più bassa della media del 2016: 10-11 milioni al mese. Per Boeri servono controlli più efficaci, tempestivi e unificati. L’Inps potrebbe assicurarli per aumentare il «pressing» sulle imprese.

Secondo uno studio Inps tra i primi 5 mila committenti per l’utilizzo dei voucher ci sarebbero 36 organizzazioni sindacali. Ne hanno usato quasi 280 mila per 1.559 lavoratori. Le cooperative e mutue assicuratrici sono 408 e hanno impiegato 20 mila lavoratori, staccando oltre 2 milioni di scontrini. Considerata l’insistenza di Boeri sul tema, dopo avere rivelato i dati sull’uso dei voucher da parte dei pensionati dello Spi Cgil ora si attendono i dati sulle aziende che sono davvero le maggiori utilizzatrici di voucher tra i lavoratori attivi. Duecento ottantamila i «buoni lavoro» venduti su oltre 130 milioni nel 2016 sono anch’essi una goccia del mare. Un’analisi sugli altri 128 milioni gioverebbe all’oggettività delle valutazioni. Il presidente dell’Alleanza cooperative italiane Maurizio Gardini ha precisato che l’uso dei voucher riguarderebbe le «false cooperative che usano le forme di lavoro più variegate per fare dumping sul mercato».

Rispetto alla tesi secondo la quale la tracciabilità stia funzionando, Guglielmo Loy (Uil) ha un’idea diversa: «La tracciabilità, peraltro con debole sistema sanzionatorio, può aver prodotto due effetti: la fuga di chi abusava e frodava (compro 1 voucher e faccio lavorare per più ore), ma anche un effetto emersione (meglio essere in regola). La sostanza cambia poco: bisogna procedere rapidamente alle modifiche eliminando interi settori e ridurre i tetti massimi per committenti e lavoratori». Attestata l’irrisorietà dei voucher rispetto al continente del lavoro irregolare, grigio e nero, resta da capire il motivo del boom tra il 2014 ed il 2016 che ha provocato il pressing sindacale per la loro limitazione o abolizione, come chiede il referendum Cgil. «Boeri ha rotto l’ipocrisia sui voucher: hanno esteso precarietà e disuguaglianze– sostiene Giorgio Airaudo (Sinistra Italiana) – Non è un problema di controlli. Bisogna cancellarli e adottare un nuovo strumento che contrattualizzi il lavoro occasionale». Boeri ha offerto la sua interpretazione per correggere le norme, ipotesi sulla quale sta lavorando il governo per neutralizzare il referendum Cgil: fissare i tetti in termini di giornate di lavoro per ciascun lavoratore. Per il presidente della Commissione Lavoro alla Camera Cesare Damiano bisogna invece tornare alla Legge Biagi del 2003 riducendo i settori di utilizzo dei voucher.

Sabato 11 febbraio la Cgil organizzerà una giornata di mobilitazione nazionale per chiedere al governo di fissare la data dei referendum contro i voucher e per il riconoscimento dei diritti del lavoro negli appalti. Tuttavia il governo ha tutto l’interesse ad allungare i tempi e a depotenziare il referendum con una nuova legge sui voucher.